Cyberbullismo, sommerso e pericoloso

Society 3.0


Cyberbullismo, sommerso e pericoloso

Le denunce sono ancora poche, la punta dell’iceberg di un fenomeno che secondo gli esperti è molto più vasto di quanto si creda. E adesso c’è una legge ad hoc, la prima in Europa.

Le denunce sono ancora poche, la punta dell’iceberg del fenomeno del cyberbullismo, che secondo gli esperti è molto più vasto di quanto si creda. E adesso c’è una legge ad hoc, la prima in Europa.

Duecentotrentacinque: dietro questo numero diffuso dalla polizia postale si nasconde il fenomeno del cyberbullismo in Italia nel 2016. Duecentotrentacinque denunce che secondo gli uomini del ministero dell’Interno rappresenterebbero soltanto la punta dell’iceberg. Circa 2 ragazzi su 3, infatti, dichiarano di aver avuto esperienza diretta o indiretta di fenomeni di questo tipo. I conti non tornano quindi e la diffusione potrebbe essere ben maggiore di quella evidenziata dai freddi numeri del Viminale.

Non a caso, anche alla luce dei tragici fatti di cronaca raccontati dai media che parlano di gesti estremi commessi da giovani e giovanissimi finiti nell’infernale meccanismo fatto di ricatti, ingiurie, minacce, diffamazioni perpetrate attraverso la tastiera di un computer o dal touch screen di uno smartphone, si è deciso di correre ai ripari con una legge ad hoc. Anche perché il cyberbullismo, versione digital della prevaricazione perpetrata da un adolescente ai danni di un altro, ha una caratteristica che lo rende ancora più odioso. A confermarlo Simona Maurino, psicologa che collabora con il Telefono Azzurro, la Onlus che da trent’anni è in prima fila a sostegno dei minori: «Nel caso di questa forma di abuso non esistono confini, non esiste tregua. La vittima di bullismo, una volta nella sua camera, aveva la possibilità di staccare, di trovare pace, anche se solo per breve tempo; chi finisce nelle grinfie del cyberbullo, invece, è sempre raggiungibile. La dimensione spazio-temporale è tragicamente abbattuta».

Il Parlamento, quindi, poche settimane fa, ha approvato una norma richiesta da più parti, in primo luogo dalle associazioni che si occupano di disagio minorile e soprattutto dagli insegnanti. Nella legge, la prima di questo tipo in Europa, viene data una definizione ufficiale al cyberbullismo che si intende «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito dei dati personali in danno di minorenni, nonché la diffusione di contenuti online il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo».

Adesso con questa norma si spera di far emergere un maggior numero di casi e di arginare un trend pericolosamente in aumento. «Il nostro centro nazionale di ascolto – spiega Maurino – ha registrato nel 2016 296 segnalazioni di bullismo e cyberbullismo, in pratica una al giorno, pari al 12,8% delle segnalazioni totali pervenute ai nostri operatori. La Legge rappresenta un importante passo in avanti anche perché non si limita ad affrontare il fenomeno dal mero punto di vista punitivo, valorizzando invece l’importanza della dimensione educativa e facilitando la possibilità per i ragazzi di richiedere un aiuto. L’obiettivo, infatti, rimane quello di aiutare i ragazzi che danno luogo a comportamenti violenti e a soprusi, a recuperare la consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni e assumersene la responsabilità, antidoto al ripetersi di abusi di questo tipo».

Che la situazione non sia assolutamente da sottovalutare lo dimostra il fatto che molte compagnie assicurative si sono attrezzate offrendo coperture ad hoc. La nuova polizza Casa&Servizi di Unipol, per esempio, provvede a pagare personale specializzato per rimuovere dal web informazioni lesive della reputazione.

Prevenzione: arma di punta contro il cyberbullismo


Come spiega il presidente dell’Unicef Italia Giacomo Guerrera, la norma, oltre alla possibilità per il minorenne «di chiedere direttamente al gestore del sito web, anche senza il coinvolgimento dei genitori, l’oscuramento o la rimozione della “cyber-aggressione”, prevede poi una “procedura di ammonimento” rinviando alla legge anti-stalking: il “cyber-bullo” con più di quattordici anni sarà convocato dal questore insieme a un genitore e gli affetti dell’ammonimento cesseranno solo una volta maggiorenne.
«Per l’aspetto preventivo, la legge sancisce l’istituzione entro trenta giorni dalla sua entrata in vigore di un Tavolo tecnico interministeriale presso la Presidenza del Consiglio con il compito di coordinare i vari interventi e di mettere a punto un Piano integrato contro il bullismo via web. La nuova norma stanzia circa 200.000 euro annui per le esigenze connesse allo svolgimento delle attività di formazione in ambito scolastico e territoriale finalizzate alla sicurezza dell’utilizzo della rete internet e alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo». Una cifra insufficiente, però, se si pensa che andrebbe divisa fra le quasi 40mila scuole presenti in Italia.

Il valore di una regola che fissi dei paletti chiari, però, è incontestabile: si pensi al dibattito ancora molto vivo negli Usa sull’hate speech, termine che indica un linguaggio discriminatorio all’indirizzo di un singolo o di un gruppo. Se usarlo o no dipende dai codici interni di ogni social network: e così se Google lo vieta, Facebook risulta di maglia più larga ammettendolo per fini umoristici o satirici. Twitter invece non lo cita neanche.

In ogni caso, quando si parla di cyberbullismo, consapevolezza e prevenzione rimangono centrali tanto più che l’età delle vittime inizia pericolosamente ad abbassarsi: secondo l’ultimo dossier su bullismo e cyberbullismo di Telefono Azzurro il 18 per cento dei casi rilevati ha riguardato bambini tra i 6 ed i 10 anni. Le richieste di aiuto per episodi di bullismo e cyberbullismo aumentano durante le scuole secondarie di primo grado e proseguono in adolescenza (più di 1 richiesta su 2, il 59% riguarda preadolescenti nella fascia d’età tra gli 11 e i 14 anni). Ma chi sono i soggetti coinvolti? «Difficile tracciare un identikit preciso della vittima – continua Maurino – ma in linea di massima si tratta spesso di un bambino o un adolescente molto sensibile, che non riesce a rispondere alle offese. La vittima subisce di solito prepotenze per una sua caratteristica particolare come la disabilità fisica, il peso corporeo, la religione, l’orientamento sessuale». Su questi giovani è necessario lavorare con grande attenzione, così come sugli spettatori di casi di bullismo che, loro malgrado, sono soggetti coinvolti. «Telefono Azzurro – conclude la psicologa – è impegnata sempre più spesso con le scuole in progetti che hanno al centro soprattutto la figura dello spettatore che può fare molto nell’azione di contrasto e di emersione del fenomeno».

Giornalista, vivo di e per la scrittura da quattordici anni. Cresco nelle fumose redazioni di cronaca che abbandono per il digitale dove perseguo, però, lo stesso obiettivo: trasformare idee in contenuti.​