Automotive: i vantaggi dell’economia circolare
Tutti noi conosciamo il termine di obsolescenza programmata, ovvero una progettazione finalizzata a far durare un dispositivo soltanto per un certo numero di anni, oppure di operaz
I servizi di car-sharing stanno vivendo un periodo di passaggio verso la terza fase dopo l'era pionieristica e il boom scatenato dall'arrivo di Internet contribuendo a stravolgere il concetto stesso di proprietà dell’auto.
I servizi di car-sharing veicoli stanno vivendo un periodo di passaggio verso la terza fase dopo l’era pionieristica e il boom scatenato dall’arrivo di Internet contribuendo a stravolgere il concetto stesso di proprietà dell’auto.
Quando si parla di car-sharing, per prima cosa si pensa a un servizio particolarmente innovativo figlio dei tempi moderni o meglio dei tempi di internet. Niente di più falso e fuorviante. Per i primi servizi di condivisione delle auto bisogna, infatti, tornare indietro nel tempo e di molto. La prima organizzazione di car-sharing risale al 1948, si chiama Selbstfahrergemeinschaft, fa riferimento a una cooperativa abitativa di Zurigo e soprattutto rappresenta la prima esperienza di una lunga fase pionieristica che dura almeno quaranta anni con alcune iniziative a costituire pietre miliari o comunque punti di riferimento fondamentali per capire l’evoluzione del concetto di condivisione delle auto.
Del 1971 è, per esempio, la francese Proco Tip, purtroppo durata solo 18 mesi, del 1973 è l’olandese Witkar focalizzata sui veicoli elettrici, mentre tra il 1977 e il 1984 gli inglesi sperimentano senza successo Green Cars. L’elenco delle sperimentazioni è lungo e interessa decine di Paesi con un unico comun denominatore. Si tratta di tentativi sì fallimentari ma capaci di rappresentare quel banco di prova necessario per l’avvio di una nuova fase di maturazione in concomitanza con il boom di internet prima e delle applicazioni per smartphone dopo. Con il nuovo secolo arrivano sul mercato le prime esperienze di successo come Zipcar, Flexcar e City Car Club, che pochi anni dopo attraggono l’interesse dei colossi del settore automobilistico verso un segmento di mercato dall’elevato potenziale. E’ nel 2008 che la Daimler lancia il suo car2go facendola rapidamente diventare il leader del car-sharing a livello mondiale e trovando via via sulla sua strada sempre più concorrenti agguerriti soprattutto tra le maggiori Case automobilistiche. Negli ultimi anni la Bmw ha lanciato DriveNow, il gruppo PSA il suo Free2Move, la Renault Moov’in e via discorrendo. Il tutto senza dimenticare l’arrivo sul mercato di startup, società energetiche, operatori dei trasporti: in Italia il servizio Enjoy è frutto di una partnership tra la multinazionale petrolifera Eni, il gruppo ferroviario FS e la Fiat.
Insomma si tratta di un quadro variegato e in rapida evoluzione che ora sta per passare a una nuova fase fatta di consolidamento e ulteriore spinta innovativa grazie soprattutto a nuove tecnologie avanzate. Dunque dopo la fase pionieristica e la fase dello sviluppo, è arrivata l’ora di un’ulteriore evoluzione con nuove frontiere tutte da esplorare e con termini tecnici di stampo anglosassone a farla da padrone: blockchain e peer-to-peer solo per citarne alcuni.
Dunque quale potrebbe essere il futuro delle auto in condivisione? Per rispondere a una domanda del genere bisogna partire dagli effetti che il car-sharing sta producendo sulla percezione dei consumatori verso l’auto e sul modello operativo dell’intero settore. Sul lato della domanda basta dire che la condivisione delle auto è solo uno degli esempi di maggior spicco di una rivoluzione in atto ormai da anni: il passaggio dalla proprietà dell’auto al suo puro utilizzo. Le conseguenze di una trasformazione del genere su una percezione di possesso radicata da decenni tra i consumatori sono molteplici soprattutto per i grandi produttori automobilistici, che oggi stanno modificando il loro modus operandi per includere nuovi paradigmi dove il fulcro dell’intero sistema, il prodotto auto, cede il passo ai servizi e alla loro gestione. Non a caso quando si parla di auto del futuro si fa riferimento a pochi semplici aggettivi: elettrica, autonoma, connessa e condivisa. Una trasformazione del genere non sarebbe comunque avvenuta senza lo sviluppo delle tecnologie, in particolare di quelle legate a internet. Ed è qui che si possono trovare le basi per le molteplici variazioni cui andrà incontro il car-sharing nei prossimi anni.
La nuova frontiera della mobilità arriva, come tutte le grandi innovazioni, dagli Stati Uniti con il car-sharing peer-to-peer: il proprietario di un veicolo lo mette a disposizione di utenti interessati per abbassare i costi di gestione o ricavarne qualche introito. Si tratta di un segmento del mercato della sharing-mobility dalle grandi potenzialità sia per i proprietari che per gli utenti. Ai proprietari consente, per esempio, di incassare introiti supplementari quando non utilizza la propria auto e quindi di trasformare il mezzo da bene di consumo a bene di investimento con i relativi benefici. Gli utenti possono invece avere la possibilità di scegliere il proprio mezzo in un ventaglio di soluzioni di sicuro più ampio di quanto garantito dalle flotte utilizzate negli attuali servizi di car-sharing a flusso libero e, nel caso, senza le limitazioni di percorrenza e utilizzo al momento predominanti. L’utilizzo pervasivo della tecnologia della blockchain potrebbe agevolare ancor di più il peer-to-peer con la possibilità che altri soggetti siano coinvolti nella “filiera” tra il proprietario e l’utente. Basti pensare alla possibilità di stipulare polizze assicurative istantanee o convenzioni speciali per i rifornimenti e le manutenzioni. D’altro canto oggi basta uno smartphone e tutti flussi di informazione possono essere tranquillamente controllati e canalizzati nella giusta direzione e con le adeguate modalità.
In Italia sono già presenti servizi di car-sharing peer-to-peer mentre all’estero sono i grandi colossi automobilistici ad aver avviato attività analoghe all’interno dei loro car-sharing tradizionali. In Italia finora si sono mosse, come già descritto da questa testata, la statunitense Helbiz (http://changes.unipol.it/sharing/Pagine/sharing-auto-privata.aspx), la bolognese Auting o la milanese General Move. Tutti nomi ai più sconosciuti. Più noto è invece il gruppo Fiat Chrysler che ha lanciato recentemente il servizio U-Go by Leasys. I clienti che hanno acquistato un’Alfa Romeo Giulietta con la formula del noleggio possono infatti condividere la vettura con utenti registrati sulla piattaforma ugo.leasys.com (https://ugo.leasys.com) o sull’apposita App e quindi abbassare il canone mensile.
Perché il gruppo Fca abbia voluto lanciarsi nell’arena del car-sharing peer-to-peer è presto detto: si tratta di un mercato in forte crescita. Negli ultimi 10 anni le piattaforme per la condivisione tra privati sono quintuplicate rispetto alle 10 del 2009 e alcune ricerche prevedono un’esplosione dei valori economici. La società di consulenza Frost & Sullivan indica per il 2030 un giro d’affari complessivo da 7 miliardi di dollari, una base utenti di oltre 70 milioni di persone e una flotta di oltre 3,8 milioni di veicoli. Stime calcolate sulla base degli attuali ritmi di sviluppo e quindi senza considerare eventuali accelerazioni, eventi a oggi imprevedibili o innovazioni ancora sotto traccia. Basti pensare al potenziale di un ulteriore fenomeno oggi in piena effervescenza come il corporale car-sharing, una soluzione sempre più utilizzata dai responsabili aziendali per la gestione delle flotte interne. In sintesi si tratta della possibilità per i dipendenti di un’azienda di condividere uno dei veicoli loro assegnati come benefit o mezzo di lavoro grazie all’utilizzo di una piattaforma tecnologica o di un’applicazione dedicata. Anche in questo caso sono molteplici i vantaggi e i benefici per non parlare delle opportunità per diversi attori, a partire dai fornitori del servizio (tra cui figurano nomi più noti come ALD, LoJack e Share’ngo e meno noti come Targa Telematics, Up2go, Alphabet, Texa Telemobility, Axodel e Upooling), passando dalle aziende interessate per arrivare perfino alla collettività grazie al minor inquinamento o al minor traffico garantito da una gestione più efficiente dei veicoli.
In sintesi si assiste, ed è un fatto incontrovertibile ormai, a una graduale e dirompente trasformazione del concetto di automobile. Ecco perché molti dei grandi operatori del settore automobilistico stanno ponendo l’accento su nuove strategie che prevedono la loro trasformazione da semplici produttori di quattro ruote a fornitori di soluzioni per la mobilità del futuro. E il car-sharing ha un ruolo preponderante se non decisivo nel guidare un’evoluzione del genere all’intero del settore automobilistico globale.