Brand journalism: chi era costui?

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Brand journalism: chi era costui?

La scelta del Gruppo Unipol è frutto della mediazione tra giornalismo tradizionale e pubbliche relazioni, partendo dalla base solida degli Osservatori aziendali. Ne abbiamo parlato all’International Journalism Festival.

La scelta del Gruppo Unipol è frutto della mediazione tra giornalismo tradizionale e pubbliche relazioni, partendo dalla base solida degli Osservatori aziendali. Ne abbiamo parlato all’International Journalism Festival.

Se partiamo dall’etimologia delle parole la definizione di brand journalism, o giornalismo di marca, è piuttosto semplice: giornalismo che si occupa della comunicazione di un brand e di tutto ciò ad esso collegato. Ma la verità è che non esiste una sola definizione di brand journalism perché essa dipende dal brand, dall’azienda, che sceglie di utilizzare questo tipo di comunicazione. Facendo un passo ulteriore, dall’etimologia alla sostanza delle cose, si arriva alla formula che Andy Bull in Brand Journalism, uno dei testi più noti in materia, descrive come «la possibilità per le aziende di utilizzare le tecniche giornalistiche per raccontare la loro storia a un pubblico».
La sostanza è tutta qui: raccontare una storia, la propria, arrivando al massimo grado di disintermediazione possibile. Il Gruppo Unipol ha scelto di essere una media company, di raccontarsi, e ha deciso di fare questo percorso unendo lo storytelling aziendale alla forza dell’osservazione puntuale della realtà che viene dagli Osservatori del Gruppo Unipol​, per costruire contenuti informativi con un valore aggiunto per il lettore, sempre mantenendo il punto di vista del brand. 

Per questo è nato nel 2016 il progetto Changes Unipol – un corporate blog e un magazine semestrale monografico – che è partito da una parola chiave “cambiamento” con l’obiettivo di capire e raccontare i temi legati all’evoluzione della nostra società e di consolidare il posizionamento identitario del Gruppo Unipol che si è posto in questi tre anni come interlocutore innovativo per i temi di sviluppo del nostro Paese, offrendo capacità, risorse e strumenti per affrontare i cambiamenti economico-sociali del futuro. Per farlo abbiamo scelto di attingere, prima di tutto, al patrimonio aziendale degli Osservatori che monitorano i cambiamenti con lo scopo di assicurare il costante allineamento tra le aspettative degli stakeholder e le risposte del Gruppo. Il contributo dell’Osservatorio Reputational & Emerging Risk è stato fondamentale per individuare i trend emergenti (tecnologici, ambientali, politico-regolamentari); l’Osservatorio UniSalute è il punto di riferimento per comprendere l’evoluzione della sanità integrativa e del welfare; l’Osservatorio UnipolSai Abitudini di guida offre uno sguardo attento su base nazionale e regionale degli italiani al volante; e l’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza, che fa capo a Fondazione Unipolis, Demos & Pi insieme all’Osservatorio di Pavia, indaga la percezione della sicurezza e dell’insicurezza sociale in Italia, inquadrandola nel panorama europeo.​​

A tre anni dall’avvio del nostro progetto i risultati dell’analisi dal titolo “Storytelling aziendale: il contributo degli osservatori aziendali” che il Gruppo Unipol ha promosso con il supporto di SCS Consulting ci confermano che questa è la strada giusta. La ricerca ha analizzato lo stato dell’arte del mercato italiano concentrandosi sulle 40 aziende appartenenti all’indice borsistico FSTE MIB e allargando il campione ad altre 40 imprese appartenenti al ranking MBRES non già presenti nel FTSE MIB. Il risultato è che sono ancora poche le aziende in Italia con osservatori proprietari, ma il Gruppo Unipol è una felice eccezione nel panorama con i suoi quattro osservatori attivi ormai da anni su diverse tematiche. L’analisi conferma che c’è una correlazione positiva tra il grado di fiducia che le persone nutrono verso le aziende e il fatto che esse siano attive con degli osservatori.
Inoltre, la ricerca evidenzia che c’è un’importante aspettativa da parte della pubblica opinione di un intervento delle aziende, anche tramite gli Osservatori, sul tema della “riduzione della diseguaglianza sociale” ma, allo stesso tempo, rileva che questo è uno degli ambiti meno trattati dalle aziende. E questo spinge la riflessione oltre il brand journalism e ci porta verso il passo successivo delle aziende che già si sono trasformate in media company possono fare. Il prossimo traguardo da raggiungere per le aziende è quello di andare oltre il racconto e di sposare cause sociali o ambientali e a farle proprie. Noi siamo pronti. 

Dalle redazioni alle media relations, in ogni caso sempre con l’attenzione focalizzata sulle notizie. Fernando Vacarini ha iniziato come giornalista collaborando con il quotidiano La Repubblica dove si è occupato della redazione di articoli per il dorso economico Affari&Finanza. Ha scritto inoltre per Mf Milano Finanza e Panorama Economy, e dal 2004 è passato dalle redazioni alla comunicazione corporate, prima come Responsabile ufficio stampa Financial services di Allianz, incarico che ha ricoperto per quasi due anni, e poi come Coordinatore ufficio stampa di Gruppo. In seguito ha ricoperto il ruolo di Vice capo ufficio stampa corporate in Generali. A fine 2007 entra nel Gruppo Cariparma Crédit Agricole come Responsabile relazioni con i Media di quello che presto diventerà uno dei principali gruppi bancari nazionali. Nel dicembre 2013 ritorna nel settore assicurativo assumendo l’incarico di Responsabile relazione con i media del Gruppo Unipol e delle sue controllate. In questa posizione si dedica anche allo sviluppo della comunicazione digitale portando l’azienda a muovere i suoi primi passi verso il mondo dei social network e degli influencer online in ottica corporate con l’obiettivo di migliorare la reputazione del Gruppo.