Accendiamo la luce sul futuro
La serie di fantascienza Star Trek è ambientata nell’anno 2264. Gli esseri umani viaggiano nella galassia insieme agli alieni, aiutati da computer, propulsione più veloce d
Nel 2020 i gamer hanno superato i 2,7 miliardi. Una platea enorme per applicare le strategie di gamification alla responsabilità sociale e ambientale e coinvolgere le nuove generazioni. Le storie di AWorld e Gamindo.
Non più solo un device, ma una casa portatile. Il report di UCL University The Global Smartphone fotografa un sentire che si è fatto più forte durante quest’anno e oltre di convivenza con la pandemia: lo smartphone è diventato un luogo in cui si vive, uno spazio domestico, utile anche per la sostenibilità. Nei momenti più duri del lockdown è stato fondamentale per salvaguardare le proprie relazioni sociali e intrattenersi, a tutte le età. Il professor Daniel Miller, uno degli autori dello studio e docente di antropologia alla UCL, sottolinea come attraverso questo device sia possibile ormai creare e ricreare una vasta gamma di comportamenti utili a tutte le generazioni, non solo a quelle più giovani: dalla comunicazione con membri della famiglia lontani alla creazione di nuovi spazi per l’assistenza sanitaria e il dibattito sociale e politico, la fruizione di app e contenuti che, come tanti tasselli, vanno a ricostruire una fotografia di sé e dei propri interessi.
Nel 2020 il numero di utenti con uno smartphone si avvicinava ai 3 miliardi e mezzo e, lo scorso anno, non è mai stato usato così tanto anche per giocare: i gamer hanno superato i 2.7 miliardi e il settore ha toccato i 175 miliardi di dollari di ricavi (dati Cross Border Growth Capital). Non solo millennial, e non solo uomini, che hanno familiarizzato con punti, livelli da superare, premi da ottenere, a cui si somma la prima generazione di appassionati anni Novanta, oggi adulta. Una platea enorme per la gamification: l’insieme delle meccaniche proprie del gioco, utilizzate in contesti non ludici per raggiungere un determinato obiettivo.
Viene usata sempre più frequentemente nella moda come nel fintech, nel marketing, nell’e-commerce come nel team building, ma sta nascendo anche come modo nuovo per comunicare sostenibilità e solidarietà, grazie ad app come AWorld e Gamindo che hanno capito come incrociare i bisogni di utenti e aziende, responsabilità ambientale e sociale e enti no-profit.
«Arriviamo dal mondo della moda e, in particolare, dallo sviluppo di piattaforme e-commerce. Circa quattro anni fa, lavoravamo per una grande azienda cinese che ci ha invitato nel Paese e ci ha aperto la mente sulle tecniche di gamification e growth hacking che si utilizzano in Asia», spiega Alessandro Armillotta, ceo e co-founder di AWorld, scelta come applicazione ufficiale dalle Nazioni Unite a supporto della campagna ActNow contro il cambiamento climatico. Tramite l’app gratuita, gli utenti possono approfondire diversi temi legati alla sostenibilità e svolgere piccole azioni quotidiane, monitorando i miglioramenti nelle proprie abitudini e visualizzando metriche precise dei risparmi generati (litri di acqua, kg di Co2, rifiuti). Le aziende possono intraprendere un percorso di educazione sui temi della sostenibilità coinvolgendo dipendenti e stakeholders e, attraverso l’utilizzo dell’app, avere un report con metriche precise sulle proprie attività. Oppure, come ha scelto di fare Green Pea – il primo centro commerciale al mondo dedicato alla sostenibilità – integrare la tecnologia di AWorld nella propria app, dando la possibilità ai clienti di usufruire dei contenuti, misurare il miglioramento delle proprie abitudini, ottenere riconoscimenti grazie alle proprie azioni green e ai propri acquisti, che si traducono in sconti e accessi a servizi dedicati.
Armillotta fa un esempio che lui definisce “banale” per dare la misura di come l’Asia sia dieci anni avanti su questi temi. «Se stai comprando un prodotto, puoi girare la ruota della fortuna e avere uno sconto, poi puoi avere un’ulteriore chance di girare la ruota se lasci l’indirizzo e-mail di un tuo amico, facendo partire così una catena. La richiesta dell’azienda cinese era di applicare tecniche come questa sui consumatori delle piattaforme e-commerce, per aumentare le vendite». Ma dopo aver toccato con mano l’impatto di un certo tipo di fashion sull’ambiente e sulle persone – «per capire quale sarebbe stato il colore dell’anno bastava guardare quello dei fiumi vicino alle fabbriche» – Armillotta e i suoi soci se ne sono allontanati bruscamente, portandosi però dietro un know how nuovo che hanno deciso di implementare all’interno dell’app per fare educazione ed engagement sui temi della sostenibilità.
«La gamification è una tecnica che ha molta presa perché così funziona il nostro cervello, il processo azione-premio stimola gli istinti umani e i comportamenti attivi. Non è questione di età, ma di predisposizione alla curiosità e al mettersi in gioco», continua Armillotta. «Compiamo centinaia di azioni quotidiane, se si capisce l’impatto che ognuna di queste ha, acquistano peso e valore. Noi stiamo lavorando su questo, far capire e far vedere alle persone che sono in tanti ad avere a cuore questi temi e che non si è soli».
L’app ha 60mila utenti, di cui un 60 per cento che accede e si autovaluta settimanalmente o giornalmente. L’Italia rappresenta il 50 per cento della platea, seguono gli Stati Uniti e Centro e Sud America, con il Messico in testa. Da fine maggio sono state rilasciate nuove funzionalità che la rendono ancora più interattiva: challenge, forum di discussione, premi per il completamento di attività che si possono spendere per azioni sostenibili come piantare il proprio albero, in collaborazione con zeroCO2, e supportare varie no-profit selezionate da AWorld. Al momento il team è a lavoro per stringere accordi con aziende di mobilità, utility, domotica per la casa, oltre a importare dati mondo reale – sul traffico come sulla concentrazione di polveri sottili nel luogo in cui si vive. Il tutto per aggregare l’impatto e i risparmi di ognuno e suggerire sempre l’alternativa più sostenibile.
«Crediamo che il gaming sia un’opportunità enorme per le aziende. Un nuovo linguaggio per parlare con il proprio pubblico di riferimento, dove è possibile coinvolgere le persone e farle interagire con il brand in modo attivo e innovativo», spiega Nicolò Santin, co-founder e ceo di Gamindo, una piattaforma che consente di donare senza spendere, “solo” giocando ai videogiochi. «Una statistica poco conosciuta è l’età media del gamer: 34 anni. Da una ricerca di Microsoft è emerso che il 73 per cento dei genitori gioca ai videogiochi con i loro figli. Quello che per noi di Gamindo è rilevante è non limitarci a creare giochi fini a sé stessi, ma con reali benefici per le aziende in termini di coinvolgimento, educazione, traffico e reputazione. L’ultimo punto è particolarmente importante per noi, visto che vogliamo generare un impatto con i nostri giochi. In particolare nella nostra app, dove le persone possono donare senza spendere giocando con i videogiochi brandizzati da noi sviluppati. In altri termini, permettiamo di convertire il tempo speso giocando in donazioni a enti no-profit».
Una strategia win-win che oltre a portare al risultato, motiva e diverte le persone coinvolte, continua Santin, che ha creato Gamindo insieme al giovane ingegnere e socio Matteo Albrizio, come sviluppo della sua tesi di laurea in Economia a Ca’ Foscari. In poco più di due anni, l’idea vince il Premio Nazionale Innovazione e, dopo tre mesi di accelerazione in Silicon Valley da Plug and Play, arriva il Seal of Excellence della Commissione Europea. L’app di Gamindo è arrivata sul mercato a inizio 2020 e i fondatori sono stati selezionati da Forbes tra i Top 100 under 30 del 2020. A oltre un anno dal lancio, la piattaforma ha raggiunto i 50 mila download. «La retention/fidelizzazione è oltre alle nostre aspettative, non avendo ancora a disposizione un team strutturato per lavorare sul prodotto. Un dato interessante è il tempo medio di utilizzo giornaliero per utente: oltre 30 minuti. Di recente, ci ha scritto una signora di 80 anni chiedendoci se avessimo mai sviluppato un videogioco di carte in stile Burraco. Insomma, intercettiamo persone davvero di tutte le età!».
Fra i progetti più interessanti sviluppati insieme a un’azienda, Santin cita quello con Lavazza: «Un videogioco legato al documentario lanciato da Lavazza su Amazon Prime Video: Coffee Defenders, il racconto del viaggio e del riscatto di una donna colombiana dai campi di coca a quelli di caffè. Più giocavi con questo gioco e più l’azienda si impegnava a donare, tramite la Fondazione Lavazza, a progetti di sviluppo sostenibile a favore delle comunità locali colombiane».