Vivere second hand, senza rinunciare a nulla

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Vivere second hand, senza rinunciare a nulla

La compravendita dell’usato vale già 23 miliardi, non dà solo una mano all’ambiente ma è la strada per trovare moda, design e tech con caratteristiche uniche. Ecco una guida alle migliori piattaforme.

​​​Alzi la mano chi non ha un bel capo o accessorio second hand, oppure il tavolo da pranzo dalla casa dei nonni. Con qualche sentimentalismo in meno, il pc o l’iPhone ricondizionato, l’orologio di marca o la mitica Billy di Ikea comprati online a un quarto del prezzo. Sono oggetti che abbiamo scelto e con cui conviviamo per necessità, convenienza economica, spinti dal legame affettivo verso il singolo pezzo o dalla storia di unicità e rarità che porta con sé. Negli ultimi anni, anche da una crescente spinta ecologica che porta almeno a considerare l’impatto dell’acquisto di uno oggetto nuovo rispetto a un buon usato perfettamente funzionante. Ma qual è, esattamente, questo impatto e come quantificarlo?

Uno dei metodi più accreditati e condivisi internazionalmente è il Life Cycle Assessment (LCA), un’analisi che valuta l’impronta ambientale di un prodotto o di un servizio lungo il suo intero ciclo di vita. Il calcolo parte dalla raccolta dati sul reperimento e fabbricazione delle materie prime con cui viene realizzato un oggetto e man mano si allarga alla sua produzione, distribuzione, uso e smaltimento finale. Questo dato permette di calcolare l’impronta ambientale di un servizio (o footprint), la cui derivazione più nota è proprio la Carbon Footprint, l’impatto che un oggetto/attività/prodotto ha sul surriscaldamento globale, calcolato in emissioni di Co2. La Carbon Footprint è uno degli strumenti più usati da società e aziende per determinare il proprio impatto ambientale. Per chi fosse curioso di misurare il proprio, il Global Footprint Network mette a disposizione un semplice calcolatore che tiene in considerazione alimentazione, situazione abitativa, consumi energetici, trasporti.​

Il Second Hand Effect, in Italia

Tra i calcoli LCA più interessanti degli ultimi mesi – perché entra nei dettagli della situazione italiana – rientra c’è quello contenuto in Second Hand Effect, la ricerca realizzata dall’Istituto Svedese di Ricerca Ambientale (IVL) per la piattaforma di vendita e scambio dell’usato Subito.it. 

L’Istituto ha preso in considerazione la categoria Abbigliamento e Accessori, la seconda a generare più “second hand effect” sulla piattaforma, e ha calcolato che, grazie alla compravendita di oltre 1 milione di articoli, nel 2020 sono state risparmiate quasi 8mila tonnellate di Co2 e 293 tonnellate di plastica contenuta all’interno delle trame dei tessuti.

A ogni capo di abbigliamento è stato attribuito un “peso” in termini di emissioni. Per esempio, comprando un paio di scarpe usate si risparmiano all’ambiente 19 kg di anidride carbonica. Un bomber pre-loved evita di immetterne 13 kg, così come un paio di pantaloni. Per i jeans il conto sale a 33,4 kg. Una gonna o una t-shirt ne risparmiano “solo” 2 kg, ma moltiplicati per il numero di capi simili che ognuno di noi ha nel guardaroba possono fare la differenza.

Più in generale, l’IVL ha calcolato che grazie alla vendita di quasi 26 milioni di oggetti su Subito.it, si è raggiunto un risparmio di 5,4 milioni di tonnellate di Co2. Come se si fosse azzerato l’impatto ambientale di 740mila italiani, o si fosse bloccato il traffico per 16 mesi a Roma.

Guardandomi intorno, a casa mia, tutte le motivazioni che avvicinano al second hand citate all’inizio dell’articolo – valore affettivocoscienza ambientalerisparmiounicità dell’oggetto in sé – convivono allegramente, arrivando a comporre uno spazio e un guardaroba che mi rappresenta.

Venti, o anche dieci anni fa, possedere qualcosa di usato, fatta eccezione per pezzi d’antiquariato e vintage di lusso – ne escludeva alcune ed era un po’ anche una scelta di campo. Oggi internet, un tipo di comunicazione diversa, un’ampia scelta di prodotti, modalità di acquisto e piattaforme hanno contribuito a far salire la second hand economy sul podio dei comportamenti sostenibili più diffusi dagli italiani, dopo la raccolta differenziata e l’acquisto di lampadine LED, generando un valore di 23 miliardi di euro, l’1.4 per cento del PIL (dati Osservatorio Second Hand Economy 2020 di Subito.it).

Non solo moda, siti e indirizzi di design e tech circolare

Che anche uno dei simboli del fast fashion come H&M abbia lanciato un sito web per la rivendita di abiti non solo suoi tra privati, H&M Rewear, è un ulteriore segno di come il settore moda stia lavorando per trasformarsi e rimanere al passo con nuove sensibilità ed esigenze.

marzo 2021, il gigante del lusso Kering ha acquistato il 5 per cento della piattaforma di second hand moda Vestiaire Collective. Lo scorso giugno, Depop, la startup per vendere e comprare capi artigianali e vintage fondata da Simon Beckerman nel 2011 in H-Farm, a Treviso, è stata acquistata dal marketplace americano Etsy per 1,6 miliardi di dollari. Si tratta del secondo unicorno della storia italiana, dopo Yoox. Eccezionali successi in sé, man ancora più interessanti perché parte di un momentum che consumatori, imprenditori, produttori stanno iniziando a trasformare in un movimento globale. Non più solo una scelta di campo per motivi etici o ambientali, ma una vera alternativa di cui essere soddisfatti.

Dato per assodato che – e quoto la co-founder del movimento Fashion Revolution Orsola de Castro: “l’abito più sostenibile è quello già nel tuo armadio”, perché limitarsi al proprio, di armadio, quando esistono piattaforme che ci aprono quello degli altri.  Per citarne alcune, VintedGreenchic, il vestito verde, Vinokilo (che organizza anche eventi dal vivo in città di tutta Europa), Humana Vintage (anche con risvolto charity, attiva dal 1998) e poi, salendo di prezzo e qualità della selezione, The RealRealRe-See, la già citata Vestiaire Collective, Tug Store, la milanese My ClosetChrono24 per gli orologi e Rebag per le borse. Il libro A qualcuno piace il vintage di Cecilia Cottafavi (su instagram @Maert.ens) è un’ottima guida per orientarsi alla vendita e all’acquisto, con consigli e indirizzi di negozi vintage tout-court, quindi anche di modernariato, accessori, vinili in tutta italia, on e offline. 

Meritano una menzione progetti come Bohemia Couture e I was a sari, che recuperano stoffe e abiti indiani, dandogli una nuova vita attraverso un design contemporaneo. O progetti di Upcycling come il milanese Bennu, che fa lo stesso con capi sartoriali o rimanenze di magazzino di partenza fuori moda o taglia.     

Riguardo al design, l’Italia può contare su una fortissima rete di negozi di modernariato diffusi sul territorio, ma per chi fosse alla ricerca di pezzi non necessariamente vintage, l’italiana Deesup è un marketplace per vendere e acquistare arredamento, illuminazione e complementi super contemporanei, usati ma selezionatissimi, di marchi come Cassina, Foscarini, Poltrona Frau, Knoll e altri. Allo stesso modo, Francky propone una selezione di arredi, accessori, complimenti in stile scandinavo, a un quarto del prezzo originale.

Casaviola Studio e Talea Design si concentrano sull’arte della tavola e su complementi come vasi, lampade e piccoli accessori in vetro, ceramica e porcellana. Coloratissimi, caratterizzati da forme un po’ sognanti, con decori originali impossibili da non notare.      

Gli arredi realizzati da ricreazioni design e Algranti Lab sono nuovi e spesso realizzati su misura, ma sempre a partire da materie prime recuperate come legno e ferro, con una storia che rimane volutamente ben visibile nell’oggetto finito.  

Per vintage e stile industriale, la francese Selency e la mantovana Fliki design complementano con tocchi inaspettati – rimanendo su cifre accettabili – la notevole selezione di uno dei magazzini di modernariato più noti di Milano e dintorni, Di Mano in Mano, ch spedisce in tutt’Italia. 

Per concludere, il settore che più di qualsiasi altro ha bisogno che l’equazione usato-qualità funzioni davvero: la tecnologia. Quello del tech second hand è un mercato nato da pochi anni; oggi sugli smartphone si aggira intorno ai 15 milioni di pezzi e al 12/15 per cento dei volumi complessivi di vendita. Le strade davanti a cui si trova un consumatore che vuole optare per il second hand sono due: usato o ricondizionato, ovvero un dispositivo sottoposto ad aggiornamenti o riparazioni che lo riportano allo status di “nuovo”. Le piattaforme più note sono: CellulariusatiRefurbedSwappie, solo per iPhone. In un articolo de Il Sole 24Ore, Mario Cianflone avverte di tenere in considerazione alcuni fattori come l’originalità dei ricambi, non sempre verificabile. Se si è in dubbio, forse meglio un ottimo usato con garanzia e magari qualche piccolo danno estetico.

Per quanto mi riguarda, ho già deciso quale sarà la mia scelta in fatto di smartphone quando dovrò cambiarlo: l’ultimo modello di Fairphone, realizzato in parte (ma sempre crescente via via che migliorano i modelli) con materiali come stagno, tungsteno, rame e platica riciclati e provenienti d​a fonti equosolidali. Il design è modulare e permette agli utenti di aggiornarne e ripararne componenti come fotocamera o batteria senza doverlo per forza cambiare integralmente. Massimizzando la vita dello smartphone e minimizzando il proprio impatto ambientale.  ​

Giornalista, coordina i contenuti editoriali di How to Spend it, il mensile di lusso e lifestyle del Sole24Ore, edizione italiana del magazine del Financial Times. Scrive di sostenibilità e tecnologia, seguendo le loro ramificazioni nel design, nel food, nell'architettura, nella moda. Ha collaborato con le pagine di cultura e spettacolo de Il Giornale, il magazine della Treccani, Wired Italia, Linkiesta, EconomyUp, Polihub, l'incubatore di startup del Politecnico di Milano. È stata assistente di ricerca all'università IULM per il corso di Comunicazione Multimediale.