Automotive: i vantaggi dell’economia circolare
Tutti noi conosciamo il termine di obsolescenza programmata, ovvero una progettazione finalizzata a far durare un dispositivo soltanto per un certo numero di anni, oppure di operaz
Perché l’Europa può avere un ruolo di primo piano nella produzione di un ecosistema digitale riconosciuto globalmente. L’analisi di Pēteris Zilgalvis, a capo del dipartimento DG CONNECT della Commissione Europea
Perché l’Europa può avere un ruolo di primo piano nella produzione di un ecosistema digitale riconosciuto globalmente. L’analisi di Pēteris Zilgalvis, a capo del dipartimento DG CONNECT della Commissione Europea
Da un lato Baidu, Alibaba, Tencent e Xiaomi, i colossi basati in Cina e riuniti sotto le insegne della sigla BATX. Dall’altro l’acronimo GAFAM, che negli Stati Uniti lega Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft. L’innovazione e la digitalizzazione dei processi industriali rischiano di tagliare fuori l’Europa dalla corsa al futuro. Le aziende più capitalizzate al mondo si concentrano sostanzialmente a Ovest e a Est dell’Oceano Pacifico, dagli Stati Uniti alla Cina. L’Europa ha saputo giocare un ruolo di primo piano nello sviluppo scientifico, dall’invenzione del primo calcolatore nel 1623, allo sviluppo del primo computer nel 1941, fino alle prime auto a guida autonoma su strada già anni Ottanta del Novecento. Il Vecchio Continente tornerà, però, ad avere un ruolo di primo piano e a giocare la partita ormai geopolitica contro Cina e Stati Uniti, nella produzione di un ecosistema digitale riconosciuto globalmente?
«Cominciamo subito dicendo che oggi in Europa hanno sede 41 Unicorni, ovvero società tecnologiche che hanno superato la valutazione di un miliardo di euro sul mercato», spiega a Changes Pēteris Zilgalvis, a capo del dipartimento DG CONNECT della Commissione Europea. Zilgalvis rappresenta sostanzialmente l’uomo incaricato dalla Commissione UE di seguire lo sviluppo del mercato unico europeo. I primi effetti dell’azione del dipartimento DG CONNECT sono stati riconosciuti dai consumatori europei in viaggio nei Paesi del Vecchio Continente, dove da qualche mese, per la prima volta, riescono a godere degli abbonamenti digitali ai servizi di streaming video e musicali, seppur lontani dai Paesi di residenza. Un risultato considerevole, tenuto conto delle difficoltà nell’estendere il concetto di un’Europa unita non solo a livello politico, ma anche sul piano bancario.
«I successi di ex startup come Criteo, Zendesk, Klarna, Adyen e Zalando stanno ricordando al mondo l’eccellenza dell’imprenditoria europea. Nel 2017, le startup europee hanno raccolto complessivamente 19 miliardi di euro di capitali da fondi e privati, il livello più alto di sempre. Un risultato legato anche a iniziative dell’Unione Europea come Startup Europe, che supporta economicamente le piccole startup a scalare, puntando a diventare aziende più strutturate e competitive a livello globale», ragiona Pēteris Zilgalvis. Il dirigente della Commissione Europea, in coabitazione, guida anche il gruppo di lavoro incaricato di sviluppare il FinTech europeo, la crasi che sintetizza sostanzialmente la digitalizzazione del settore bancario e dei servizi di pagamento.
Vivremo mai in una cashless society, una comunità europea in cui faremo davvero a meno del contante? «I pagamenti elettronici stanno regalando nuove opportunità a cittadini e imprese. Ma osservando il mercato europeo, complessivamente l’uso del contante è in aumento e supera la crescita economica aggregata. L’impressione è che il contante continuerà a sopravvivere ancora per molto tempo, nonostante Paesi membri dell’Unione come la Svezia sono ormai vicini a ridurre l’uso del contante a un livello residuale. Ancora, però, il ruolo politico dell’Unione Europea si è rivelato decisivo nello sviluppo di imprese europee in questo settore come gli unicorni TransferWise e Klarna, abilitati come soggetti di pagamento dalla normativa Payment Services Directive 2 (PSD2)», commenta Pēteris Zilgalvis.
I colossi BATX basati in Cina e GAFAM con sede negli Stati Uniti si sono contraddistinti per aver spinto chiaramente l’acceleratore sull’intelligenza artificiale, tra le tecnologie più promettenti del prossimo futuro. «La Commissione Europea si sta muovendo anche sull’intelligenza artificiale e presenterà le linee guida sull’etica nello sviluppo di applicazioni basate sull’IA entro la fine del 2018. Il documento sarà ispirato formalmente alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. E sarà formato un gruppo di esperti al lavoro assieme all’interno del European Group on Ethics in Science and New Technologies, con l’obiettivo di definire dei principi universalmente riconosciuti sulla protezione dei dati personali e sulla trasparenza, che i privati saranno tenuti a rispettare. L’European AI Alliance sarà il tavolo comune attorno al quale siederanno politica, aziende ed esperti europei», rivela il dirigente della Commissione Europea.
Un’occhiata allo scenario globale, con l’Europa che potrebbe finire nella morsa di Cina e Stati Uniti, in realtà suggerisce un approccio più ampio e articolato anche dal punto di vista degli investimenti. Ragiona Zilgalvis: «L’Europa ha ricercatori, laboratori e start-up di livello mondiale nel campo dell’intelligenza artificiale. Tuttavia l’agguerrita concorrenza internazionale richiede un’azione coordinata affinché l’UE sia in prima linea nello sviluppo dell’IA. L’UE coordinando pubblico e privato, punta a destinare 20 miliardi di euro entro la fine del 2020 sull’intelligenza artificiale. Per sostenere questi sforzi, la Commissione sta aumentando il suo investimento a 1,5 miliardi di euro per il periodo 2018-2020 nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020. Si prevede così che questo investimento inneschi ulteriori 2,5 miliardi di euro di finanziamenti da accordi pubblico-privato esistenti». Le politiche prevedono anche un rafforzamento dei centri di ricerca sull’intelligenza artificiale in tutta Europa. Un processo in parte già in evoluzione grazie all’istituzione del CLAIRE, un centro di ricerca europeo che federa i più importanti laboratori di ricerca sull’intelligenza artificiale (Confederation of Laboratories for Artificial Intelligence Research in Europe) e coinvolge anche ricercatori italiani.
Nella panoramica sull’innovazione europea e sulle strategie politiche dell’Unione non può mancare una riflessione sullo sviluppo della guida autonoma, che sembra ormai appaltato ai colossi tecnologici in Cina e Stati Uniti. «La guida autonoma e connessa è molto più di un sogno californiano. È il futuro della nostra mobilità e creerà nuove soluzioni di trasporto. La Commissione Europea è stata molto propositiva e ha lanciato una serie di iniziative sulla guida connessa e automatizzata, come il gruppo di ricerca GEAR 2030 sui sistemi di trasporto intelligente e cooperativo. La Commissione Juncker sta intraprendendo la terza e ultima serie di azioni per modernizzare il sistema di trasporto europeo e all’interno di questo pacchetto, pubblicato il 17 maggio 2018, viene proposta una comunicazione dedicata sulla mobilità connessa e automatizzata per rendere l’Europa un leader mondiale completamente automatizzata. Inoltre sono già stati firmati sei protocolli d’intesa per eseguire test su veicoli connessi e automatizzati in Lussemburgo, Olanda, Spagna, Norvegia, Svezia e Finlandia)», ragiona Pēteris Zilgalvis.
E se è vero che la guida autonoma passerà necessariamente dalla diffusione delle nuove connessioni veloci quando vedremo realisticamente apparire il logo 5G sui nostri smartphone? «Ci aspettiamo di avere le prime reti 5G lanciate nel 2020 in diverse città europee e sarà il momento in cui i primi utenti useranno il 5G con i loro smartphone. Assisteremo a un’implementazione più ampia del 5G attorno il 2025, per coprire tutte le città e le principali vie di trasporto in Europa. Tuttavia il 2018 sarà l’anno in cui la tecnologia 5G inizierà a essere testata su larga scala nelle principali città europee e italiane come Torino, Milano, L’Aquila e Matera, in virtù dell’investitura ufficiale come Capitale europea della cultura nel 2019».