Perché non possiamo fare a meno di Taiwan
Una storiella americana – quasi una leggenda metropolitana perché di difficile attribuzione – racconta di una grande impresa manifatturiera, probabilmente una cartiera di Chic
Le vetture senza guidatore gareggiano in competizioni ad hoc per testare le tecnologie del futuro prossimo e l'Italia non sfigura. Ne abbiamo parlato con l’esperto Sergio Savaresi.
La guida autonoma realizzerà un “effetto traino” sulla condivisione e l’elettrificazione rappresentando così il vero cambio di paradigma del mondo dell’automotive. Ne è convinto il professor Sergio Matteo Savaresi, responsabile del gruppo di ricerca MOVE e del PoliMove Autonomous Racing Team, la squadra composta da docenti e studenti del Politecnico di Milano che parteciperà alla Indy Autonomous Challenge, il prossimo 23 ottobre.
Una sfida sportiva e tecnologica al tempo stesso alla quale il Polimi arriva preparato. Come sottolinea proprio Savaresi «siamo già impegnati in un’altra competizione per veicoli autonomi, la Roborace. In questa manifestazione vetture tutte uguali, rigorosamente senza pilota, percorrono in solitaria per cinque volte il circuito di Las Vegas, negli Usa, cercando di evitare degli ostacoli virtuali, come in una sorta di grande videogame. Si tratta di veicoli ad altissime prestazioni, tipo Le Mans, sui quali carichiamo il nostro algoritmo prima che esca dai box (come se un pilota vero salisse in macchina). La competizione è molto entusiasmante e richiama grandi e importanti istituzioni, compreso il prestigioso Mit di Boston ma anche una squadra di Graz, in Austria, e due team professionistici».
Anche la Indy Autonomous Challenge sarà una sorta di monomarca. A differenza della Roborace, però, l’appuntamento vedrà una decina di auto sfidarsi sul famoso “catino” correndo insieme nella più classica delle gare di velocità. «L’iniziativa – spiega Saveresi – prevede un evento singolo finale in calendario il 23 ottobre: il vincitore avrà diritto a un premio da un milione di dollari. Anche in questo caso la competizione vedrà affrontarsi auto identiche, delle Dallara indy lights, alle quali è stato completamente svuotato il cockpit per fornire lo spazio necessario a ospitare i sensori e l’elettronica: le squadre non potranno regolare né sospensioni, né intervenire sul motore o l’aerodinamica. La competizione si svolgerà al 100 per cento sugli algoritmi di controllo basati sulla intelligenza artificiale per la guida autonoma».
A sfidarsi a colpi di byte saranno ben trenta team. Quello del PoliMi è l’unico interamente italiano mentre l’Università di Modena e Reggio Emilia e L’Università di Pisa sono consorziate nella squadra Euroracing con altre realtà continentali. PoliMove, intanto, ha ben figurato nelle fasi iniziali delle prove preliminari vincendo il secondo hackathon e posizionandosi appena sotto il gradino più alto del podio nel terzo. Ultimo evento competitivo è stata la Simulation Race a fine maggio nel corso del weekend della 500 miglia. Da giugno è previsto il trasferimento a Indy di una buona parte dei componenti del team per realizzare test in previsione della gara del 23 ottobre.
A prescindere dal valore pionieristico e sportivo, l’iniziativa riveste un valore scientifico e tecnologico non indifferente. Sviluppare delle tecnologie per il controllo completamente autonomo della dinamica di guida di veicoli ad alte prestazioni, consentirà di accelerare nello sviluppo di mezzi sempre più sicuri per la mobilità di tutti i giorni. Del resto la strada sembra essere tracciata, Savaresi ne è convinto: «La sfida dell’evoluzione – spiega – si sta giocando sui sensori, sempre più raffinati e sempre meno costosi, e sugli algoritmi che oggi sono in grado di processare una mole sempre crescente di dati in minor tempo rispetto al recente passato. Possiamo sostenere che già oggi le auto autonome sarebbero più sicure del guidatore medio ma per la piena accettazione da parte dell’opinione pubblica di veicoli di questo tipo ci vorrà del tempo. In questa fase, infatti, è necessario superare un ostacolo culturale e psicologico: è più semplice accettare migliaia di morti l’anno per errori commessi da persone, piuttosto che un singolo incidente mortale da veicolo autonomo. Una scelta completamente razionale metterebbe subito i veicoli autonomi su strada. Per compiere il salto, quindi, siamo chiamati a raggiungere un’affidabilità quasi perfetta».
Superata questa barriera, per Savaresi non ci saranno dubbi: il futuro della mobilità appartiene alla guida autonoma. Di certo rimangono da valutare le forti ricadute su tutto il mondo dell’industria del veicolo e del nostro modo di muoverci così come li conosciamo oggi. «Probabilmente assisteremo a una fase ibrida di convivenza fra vetture tradizionali e autonome esattamente come accaduto all’inizio del secolo scorso, quando le strade erano dominate dai cavalli soppiantati in appena 30 anni dalle vetture a motore, viste inizialmente come degli strani e bizzarri oggetti che mai e poi mai avrebbero soppiantato gli animali. Fra venti o trent’anni anni le nostre strade potrebbero essere percorse esclusivamente da veicoli autonomi con una larghissima prevalenza di robo-taxi». A cambiare non sarà soltanto il parco vetture circolanti: «La diffusione di questi mezzi ridurrà di dieci volte il numero totale di auto sulle nostre strade perché i vantaggi offerti dalla guida autonoma consentiranno di poter disporre di una vettura su prenotazione quando si vorrà e, aspetto da non sottovalutare a costo molto basso, visto che non si dovrà pagare un guidatore. L’utente, quindi, non sentirà più il bisogno di acquistare un veicolo proprio e sarà sollevato anche dalla risoluzione dei problemi più comuni legati al possesso di un’auto, come effettuare la manutenzione, il rifornimento e cercare parcheggio. L’unica incombenza consisterà nel prenotare tramite app con la certezza di vedere arrivare un mezzo dove e quando se ne ha bisogno. Il singolo robo-taxi avrà un tasso di utilizzo elevatissimo e così anche le nostre città cambieranno aspetto visto che saranno meno trafficate e più pulite perché questi veicoli saranno elettrici. In Cina sono già pronti per un modello di mobilità di questo tipo».
E le vetture tradizionali, soprattutto quelle ad alte prestazioni che rappresentano anche un mezzo per dare libero sfogo alla passione della guida, che fine faranno? «Si potrà compare ancora una Ferrari o una Maserati – spiega il docente – ma ci si dovrà divertire ed emozionare alla sua guida soltanto in pista optando per la guida in automatico sulle strade di tutti i giorni. Quindi le emotional red cars non scompariranno ma diventeranno una nicchia, un lusso per pochi».
La scomparsa della proprietà del veicolo lascerà il posto ai servizi di mobilità, anche integrati con gli altri mezzi di trasporto. Inoltre cambierà anche l’aspetto delle vetture. Considerato che gran parte delle auto in circolazione saranno taxi, l’importanza dell’estetica del mezzo passerà in secondo piano e verrà meno anche l’effetto brand di identificazione del guidatore con i valori della casa automobilistica, salvo nei casi di poche e blasonatissime case costruttrici..