Le città spugna

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Le città spugna

Quali sono gli esempi urbani virtuosi che hanno trovato il modo di affrontare i problemi causati da alluvioni e siccità dovuti dai cambiamenti climatici.

I cambiamenti climatici stanno modificando il nostro modo di vivere sotto diversi aspetti. A mutare non devono essere, però, solo le nostre abitudini ma anche i luoghi che ci ospitano. La sfida che dobbiamo combattere non riguarda solamente il contenimento della febbre del Pianeta, ma anche l’adozione di politiche di adattamento al climate change in corso.

Tra gli argomenti che devono essere radicalmente ripensati vi sono spesso le città – che, secondo gli esperti, sono “responsabili” di oltre il 70% delle emissioni climalteranti – le quali subiscono, con cadenza sempre maggiore, gli effetti delle isole di calore, fenomeni di siccità seguiti dalle (impropriamente chiamate) bombe d’acqua, alluvioni, allagamenti, e, di fronte alle quali, sono necessari interventi di ripensamento dei contesti urbani. Una delle minacce per le popolazioni è rappresentata dall’acqua che, da elemento che ha fatto nascere gli insediamenti umani nelle diverse parti del mondo, oggi può rappresentare un pericolo. Ridisegnare i contesti urbani per rispondere alle nuove esigenze di adattamento alle conseguenze dei cambiamenti climatici è divenuto fondamentale: c’è chi ha già iniziato.

Come fare a ridurre i danni legati agli effetti meteorologici sempre più violenti e a conservare l’acqua per far fronte ai periodi di siccità? Osservando il freddo cemento e l’asfalto che ricoprono le strade e che spesso le trasformano in letti di fiumi che scorrono veloci sotto le piogge torrenziali vi è chi ha intuito come sia fondamentale rendere più permeabili i contesti urbani riuscendo, al contempo, a stoccare le risorse idriche, consentendo alle città di divenire più resilienti. I progetti per sistemi di defluizione e recupero delle acque iniziano così a moltiplicarsi. Tra le prime città in Europa ad investire sulla resilienza vi è stata Barcellona. Oggi a livello mondiale sono molte le municipalità che puntano a trasformare le città in… spugne!

Barcellona: modello di World leading resilient city

Gli esempi di centri urbani che hanno già iniziato ad avere un diverso rapporto con l’acqua non mancano. Forse non tutti sanno che ha ricevuto dalle Nazioni Unite, nel 2013, il riconoscimento di World leading resilient city model. La città catalana è stata infatti premiata per aver adottato una serie di interventi di adattamento per far fronte alle sempre più frequenti alluvioni e ai periodi di siccità. Il segreto? C’è ma – all’apparenza – non si vede: Barcellona, dagli anni ‘90 ad oggi, ha saputo infatti progettare un enorme sistema sotterraneo di raccolta delle acque meteoriche. I depositi riescono a far fronte alle forti piogge dei fenomeni estremi, stivando circa 500.000 metri cubi d’acqua in caso di eventi meteorici estremi e repentini. Tra le misure adottate si segnala anche un sistema di telecontrollo che prevede diverse stazioni di pompaggio, pluviometri, sensori e chiuse.

Le città spugna in Cina

Di sponge cities si è iniziato a parlare in questo decennio partendo da quanto si è deciso di realizzare in Cina, Paese anch’esso afflitto dagli eventi meteorologici catastrofici, e viene studiato con sempre maggiore interesse anche in Europa.

Il grande Paese asiatico negli ultimi decenni ha dovuto far fronte a sempre più gravi inondazioni legate anche ad una grandissima e repentina urbanizzazione. Si stima che il 67% della popolazione viva in aree soggette ad inondazioni. Per questo il Governo ha deciso di intervenire sulle superfici verticali (dai tetti alle strade) realizzando spazi che consentano di drenare quanta più acqua possibile per evitare gli allagamenti e di stoccare l’acqua riuscendo a realizzare aree verdi come giardini pluviali e zone umide. L’obiettivo attuale prende in considerazione 30 sponge cities nelle quali, entro il 2030, dovrebbero essere realizzati progetti in grado di assorbire fino all’80% dell’acqua piovana.

Ad oggi il progetto più grande è quello di Lingang, un parco di spugne previsto nel distretto di Pudong di Shanghai: i mattoni alla base di questo progetto consentono all’acqua di defluire nel terreno e di stoccarla all’interno del giardino pluviale.

A Rotterdam si progettano spazi pubblici/bacini d’acqua

Capire come intervenire in contesti preesistenti che si trovano ad affrontare eventi meteorologici sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici è una sfida che riguarda tantissime città europee e anche quelle che con l’acqua hanno sempre convissuto. Pensiamo a Rotterdam – nata nel delta del fiume e che si trova, per l’80%, al di sotto del livello del mare – che si è posta l’obiettivo di rendersi a prova dei cambiamenti climatici, trasformando in risorsa le difficoltà nate dal rapporto con l’acqua.

La città olandese ha infatti deciso di far fronte a piogge abbondanti e siccità studiando nuovi metodi di convogliamento e di raccolta dell’acqua piovana. L’idea nasce dal gruppo olandese De Urbanisten e prevede sistemi di raccolta, ma anche tetti verdi e rain gardens. Un esempio – aperto a tutti e visitabile – è lo “Sponge Garden” un orto giardino ideato per mettere letteralmente in campo diversi esperimenti con composizioni del suolo, tipi di impianto e tecniche di assorbimento che potrà essere replicato in diversi spazi verdi.

Tra gli interventi progettati per rendere resiliente la città vi sono le water squares ovverosia le piazze d’acqua posizionate in luoghi strategici del centro olandese che non sono pensate per essere semplici serbatoi: a fronte di abbondanti piogge, tali infrastrutture divengono bacini di stoccaggio – che evitano il sovraccarico del sistema fognario – che però, durante il resto dell’anno, possono trasformarsi in luoghi di aggregazione, di gioco e relax per la collettività.

Ridisegnare la città per rispondere alle nuove esigenze legate ai cambiamenti climatici non riguarda “solamente” strade e giardini: il re-design urbano punta anche a “colonizzare” i tetti, inclusi quelli degli edifici storici di Rotterdam – come, ad esempio, il De Doelen – con un green roof capace di stoccare l’acqua, ma anche di donare nuovo verde alla cittadinanza, ad insetti ed a piccoli animali come gli uccelli. Questo progetto vuol dimostrare come anche i monumenti nazionali possano essere resi più sostenibili e possano contribuire a rendere più vivibile l’ambiente urbano.

Specializzata su temi ambientali e sui new media. Co-ideatrice del premio Top Green Influencer. È co-fondatrice della FIMA e fa parte del comitato organizzatore del Festival del Giornalismo Ambientale. Nel comitato promotore del Green Drop Award, premio collaterale alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2018 ha vinto il prestigioso Macchianera Internet Awards per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all'economia circolare. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione e docenza sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.