Quanto pesano i voti per il clima
La contesa fra Biden e Trump per entrare alla Casa Bianca quattro anni fa, fu uno dei primissimi casi in cui Greta Thunberg si espose politicamente in modo netto, affermando che ne
In poco più di un anno e mezzo dall’avvio della sperimentazione sono nate 30 iniziative di autoproduzione e autoconsumo energetico. Le opportunità sociali e ambientali del modello.
Se la pandemia ha avvicinato molti al concetto di autoproduzione – dal pane alle mascherine, ai prodotti per la cura di sé fino all’orto sul balcone – come evidenziato dai Google Trends 2020, c’è un suo lato ancora poco noto in Italia, che può fare la differenza nella corsa verso la transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile del nostro Paese: le comunità e cooperative di autoproduzione, autoconsumo e scambio di energia rinnovabile. Niente di utopico parliamo di energia di comunità: si tratta di gruppi di cittadini, comuni, imprese, addirittura condomini che decidono di collaborare per produrre, consumare e gestire a prezzi accessibili l’energia attraverso uno più impianti energetici autosufficienti fino a 200 kW di potenza (limite che dovrebbe essere superato con l’approvazione della direttiva Red II). Sono il più delle volte impianti solari fotovoltaici, ma anche mini idroelettrici, eolici, a bioenergie, geotermici e l’obiettivo è doppio: contribuire concretamente alla lotta contro i cambiamenti climatici e contrastare la povertà energetica che, secondo il report Comunità Rinnovabili 2021 di Legambiente, riguarda ancora oltre 2 milioni di famiglie italiane.
«È la collisione fortunata di due spinte», spiega Matteo Zulianello, ricercatore presso RSE Spa, socio fondatore, il primo fornitore in Italia di elettricità sostenibile creato e gestito dalla comunità di utenti (oggi con 8mila soci) che si occupa anche di realizzare impianti collettivi e di fornire supporto nell’attivazione di comunità energetiche. «Una viene dal basso, e intercetta il bisogno e la volontà di autodeterminazione dei singoli. L’altra arriva dall’alto, perché gli Stati europei si sono resi conto che non riusciranno a centrare i target di sviluppo di energie rinnovabili che si sono prefissati al 2030 e 2050 nel Clean Energy Package se non daranno spazio a forze nuove e diffuse che arrivano dai cittadini».
La previsione è, insomma, che nei prossimi anni si faccia sempre più spazio la figura del “prosumer”: crasi di “producer” e “consumer”, cioè chi possiede un proprio impianto di produzione di energia che auto-consuma, immetterne in rete, scambia con altri consumatori o accumula, per poterla riutilizzare in seguito. Si stima che, entro il 2050, saranno 264 milioni i cittadini dell’Unione Europea a unirsi al mercato dell’energia con un ruolo attivo, generando fino al 45 per cento dell’elettricità rinnovabile complessiva del sistema.
Per l’Italia, l’obiettivo sarebbe raggiungere 70 GW di potenza entro il 2030 tra solare fotovoltaico ed eolico. Numeri che, stando alla media di installazione, per le stesse fonti, degli ultimi tre anni (circa 513 MW) e continuando ad andare di questo passo, toccheremo tra 68 anni. Il governo si è accorto che il potenziale di queste piccole avventure energetiche è enorme e ha avviato una sperimentazione per comprendere meglio come favorirne lo sviluppo attraverso l’Art. 42-bis inserito nel Decreto Milleproroghe (convertito nella legge n.8/2020). Anche se manca ancora il completo recepimento delle Direttive europee in tema di autoproduzione e scambio di energia, in circa un anno e mezzo – come censito da Legambiente – sono nate 30 iniziative di autoconsumo collettivo. Il quartiere di San Giovanni a Teduccio, nella periferia est di Napoli, e il comune di Magliano Alpi, in provincia di Cuneo, condividono il centro del podio come prime comunità energetiche rispettivamente del Sud e del Nord Italia. Il primo progetto, finanziato con circa 100mila euro da Fondazione con il Sud e promosso da Legambiente e dalla comunità locale, coinvolge 40 famiglie con disagi sociali attraverso un impianto fotovoltaico da 53 kW realizzato sulla copertura della Fondazione Famiglia di Maria, in grado di produrre circa 65mila kWh/a di energia elettrica a disposizione della struttura stessa e dei membri delle famiglie, per un risparmio totale di circa 300mila euro in 25 anni.
A Magliano Alpi, invece, la comunità energetica si sviluppa intorno ad un impianto solare fotovoltaico da 20 kW installato sul tetto del Palazzo comunale che garantisce autosufficienza all’edificio stesso, alla biblioteca, alla palestra e alle scuole comunali, oltre a scambiare l’energia in surplus con cinque famiglie partecipanti e alimentare una colonnina di ricarica per auto elettriche, gratuita per i soci della comunità energetica.
Ma sono tantissimi e diversificate le storie che arrivano da piccoli e grandi comuni italiani. Nel quartiere Pilastro-Roveri, a Bologna, entro il 2023 si attiverà Geco, la prima comunità energetica virtuale dell’Emilia-Romagna, con 8 impianti da fonti rinnovabili associati a sistemi di accumulo che trasformeranno aziende e cittadini del quartiere (di cui 1.400 residenti in alloggi sociali) in prosumers. Biccari, 2.700 abitanti in provincia di Foggia, un comune già molto attento alla sostenibilità, con oltre 200 kW di pannelli fotovoltaici installati su edifici pubblici e con un parco di illuminazione pubblica con lampade a LED, vuole completare il proprio percorso installando altri pannelli fotovoltaici su immobili residenziali e costituendo legalmente una comunità energetica tra circa 70 famiglie. A Pinerolo è nato il primo condomino autoconsumatore collettivo d’Italia mentre a Serrenti, in Sardegna, sono attive micro-reti sui tetti delle scuole, del teatro comunale, della palestra, sul campanile della chiesa, gestiti attraverso sistemi di accumulo disseminati sul territorio che orientano i flussi nei diversi edifici comunali in base alle esigenze, tenendo in considerazione i livelli di fabbisogno delle strutture a seconda dell’ora del giorno e dei diversi periodi dell’anno. A questi si sommano i 40 comuni 100% rinnovabili, dove il mix delle fonti rinnovabili è in grado di coprire sia i fabbisogni elettrici che termici delle famiglie residenti, e i e i 3.493 comuni già 100% cento elettrici, dove la produzione elettrica da rinnovabili supera i fabbisogni dei propri cittadini (consultabili su www.comunirinnovabili.it).
Piccoli grandi storie di rivoluzione energetica che offrono lo spunto al governo per superare le criticità emerse dal punto di vista normativo – come l’impossibilità di ONG e terzo settore di far parte di una comunità energetica perché non previsti dalla direttiva europea o le dimensioni della stessa, legate al parametro elettrotecnico di una cabina di media/bassa tensione – e a dare lo slancio ai singoli per replicarle e moltiplicarle con coraggio.