Il commercio è conversazionale

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Il commercio è conversazionale

Il 3% della popolazione mondiale ha chiesto ad Alexa e agli altri assistenti vocali un aiuto per fare gli acquisti di Natale. Così l’intelligenza artificiale ha cambiato il commercio.

Il 3% della popolazione mondiale ha chiesto ad Alexa e agli altri assistenti vocali un aiuto per fare gli acquisti di Natale. Così l’intelligenza artificiale ha cambiato il commercio.

Era il 1999 quando Levine, Locke, Searls e Weinberger nelle 95 tesi del Cluetrain manifesto, parlarono per primi di commercio conversazionale che mette insieme mercati – reali o virtuali che siano – e li cataloga come luoghi dove le persone si riuniscono, discutono della qualità dei prodotti disponibili e soprattutto trattano sul prezzo. Sono passati 20 anni e gli assistenti vocali sono diventati una realtà: Il 3% della popolazione mondiale, per esempio, ha chiesto ad Alexa e agli altri device un aiuto per gli acquisti di Natale. Racconta al riguardo Michele Dalmazzoni, responsabile per la digitalizzazione delle imprese di Cisco in Italia e in Sud Europa e pioniere nel nostro Paese per le soluzioni di intelligenza artificiale del nostro Paese: «Un impatto diretto sui consumi è un po’ difficile da valutare. Ma se oggi siamo al 3%, a breve saliranno almeno al 30% quelli che fanno compere attraverso gli assistenti vocali. È, invece, senz’altro evidente l’impatto sui modelli di customer interaction, sulla diffusione dei servizi automatizzati nell’interazione tra aziende e la loro clientela.

Un tempo il tutto si riduceva all’Interactive voice responding (IVR), alla voce metallica che, chiamando ai numeri verdi, ci guidava volta per volta nei vari servizi offerti. Un’interazione meccanizzata, ma le piattaforme digitali connesse hanno iniziato a parlarsi tra loro. Risultato? Dalle chatbot in poi, tutte le interazioni conversazionali si sono collegate attraverso un universo di componenti applicative, che includono strumenti di Crm, il contact center o le piattaforme di intelligenza artificiale in machine Learning e deep learning. Di conseguenza, si sta sviluppando un sistema vivo che già oggi offre soluzioni attraverso il profilo del cliente può e uno storico di interazioni, garantendo un’interazione ragionata».

Un report del Digital Transformation Institute di Capgemini – Conversational Commerce: Why Consumers Are Embracing Voice Assistants in Their Lives – ha rilevato che il 71 dei consumatori si dice «soddisfatto dal proprio assistente vocale per la convenienza (52%), l’abilità di poter svolgere attività a mani libere (48%) e l’automatizzazione di attività ordinarie di shopping (41%)». Carolina Milanesi, autorevole analista di Creative Strategies, ha scritto che «la voce avrà un ruolo di primo piano nell’evoluzione del commercio, a patto che non renda il processo più complicato. Oggi c’è ancora troppa complessità nel processo e considerando che lo shopping online funziona benissimo per molte persone, l’incentivo a provare la nuova esperienza è ancora molto limitato». Oltre al fatto che lo shopping resta per alcuni un piacere e che «il commercio vocale trova oggi la barriera d’adozione più bassa: acquisti sempre uguali, oggetti semplici da ordinare, sia perché ci sono opzioni limitate o perché quelle opzioni sono chiare e semplici, come la dimensione, il colore, la quantità e il marchio». ​

Al riguardo Dalmazzoni nota che, «intanto, l’intelligenza artificiale si applica anche nei luoghi fisici. C’è un caso di studio che abbiamo fatto con Brico center molto interessante in questa direzione: attraverso le piattaforme cognitive si è potuto studiare il comportamento dei clienti dentro gli store, che sono stati ridisegnati anche in relazione agli orari proprio sulle esigenze del pubblico. «Nel commercio elettronico, e questo vale anche per gli assistenti vocali, vince chi riesce a offrire un’esperienza di valore: Alexa e i suoi concorrenti non potranno mai offrirmi la sensazione della mia mano su un cachemire, ma mi daranno tutte le informazioni sui modelli e sui tessuti a disposizione» sottolinea Dalmazzoni. «Per il resto ci sarà il retail, che resterà se continuerà a garantirci momenti e esperienze di shopping di alta qualità e altamente differenzianti. Prendiamo gli Apple store: sembra di andare in una galleria d’arte, abbiamo piacere a frequentarli, ma se dobbiamo comprare un semplice device, lo facciamo su Amazon».

Sempre dallo studio di Capgemini scopriamo che gli assistenti vocali diventeranno la modalità predominante di interazione tra i consumatori nei prossimi?», con il risultato che nel breve gli acquisti attraverso questo canale – ora tra i 3 e i 5 miliardi di dollari – saliranno del 500%. Infatti, nei prossimi tre anni «si ridurranno la quota di acquisti di beni e di servizi effettuati presso un negozio fisico (45%) e sui siti web (37%)». Già oggi un quarto dei consumatori preferisce interagire in questo modo con le aziende invece che con i siti web, sia che si tratti di un maglione o dello streaming di un contenuto audio-video sia quando bisogna andare in banca.

Questo è il presente, cioè servizi, che sono abbastanza precisi, che vengono preferiti dai clienti all’interazione umana, spesso senza accorgersi della differenza. Accanto ai gestori reali, avremo sempre più gestori virtuali. Già oggi le banche hanno consulenti robot che non sono soltanto in grado di rispondere alle domande sulle informazioni relative all’operatività. Ma offrono in determinati ambiti (quello valutario o le Small Cap, per esempio) opzioni di acquisto o vendita, valutando il profilo di rischio dell’investitore. «L’importante è superare la ripetitività per uscire da un procedimento meramente meccanico», aggiunge Dalmazzoni. «Se oggi il 3% usa gli assistenti vocali per fare shopping, nel medio termine saremo al 60%. Forse anche prima».​

Giornalista, 39 anni, napoletano, scrivo da 15 anni, prevalentemente di economia e politica per L'Espresso, il Giornale, il Foglio, Lettera43, il Mattino.