Place branding: cos’è e come trasforma i luoghi in prodotti

Society 3.0


Place branding: cos’è e come trasforma i luoghi in prodotti

Non esiste solo il personal branding, anche i luoghi diventano un marchio che può essere trattato come un prodotto evocando immagini mentali che diventano business per le aziende.

Non esiste solo il personal branding, anche i luoghi diventano un marchio che può essere trattato come un prodotto evocando immagini mentali che diventano business per le aziende.

Se siete dei professionisti specializzati in un settore o avete da poco fondato un’azienda, vi sarà capitato che uno dei consigli ricevuti sia stato quello di curare il vostro personal branding o corporate branding. Che, semplificando, altro non sono che quelle azioni fatte per costruire e potenziare la reputazione di una persona e, nel caso del mondo corporate, tutte quelle azioni che comunicano valori e filosofia di un’azienda e che fanno sì che un utente/consumatore li riconosca nei prodotti e nelle varie attività di marketing.

Quando il territorio diventa prodotto: gli esempi di Friuli, Trentino e Südtirol…

Eppure, c’è un altro tipo di branding che forse non immaginate ma nel quale siete praticamente immersi ogni giorno se vi trovate in una determinata località o state scegliendo un posto per le vacanze, per avviare la vostra attività, per organizzare un evento o quant’altro. Lo chiamano place branding e in questo caso, a essere trattato alla stregua di un prodotto, è appunto un posto, “place”. Ma quanto questo influisce sul turismo, è determinante per attrarre le imprese e non farle andare via dall’Italia e per trattenere quei talenti perennemente in fuga? E soprattutto è, in qualche modo, la risposta a determinati bisogni che questa popolazione, sempre più digital/connessa/mobile ha e avrà in futuro?

Changes ne ha parlato con Marina Parente, professore associato | Ph. D e coordinatrice di D4T Design for Territories con sede al Politecnico di Milano, «un network di ricerca del dipartimento di design, nato nel 2015, che intende valorizzare le competenze specialistiche di docenti e ricercatori finalizzate per l’appunto ai territori. Competenze di design strategicodei servizidi comunicazione ma anche di mappatura e narrazione territoriale, fino alla visualizzazione dati e urban games (eventi collettivi che hanno come campo di gioco la città, come le cacce al tesoro e tanto altro, ndr). La nostra attività è essenzialmente su 3 fronti: ricerca, formazione e progettazione, consapevoli che in Italia ci sia da fare molto».

Facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire in cosa consiste il place branding da un punto di vista più pratico. Mouse alla mano, cliccate su www.turismofvg.it , su www.visittrentino.it o www.suedtirol.info. Se li guardate con attenzione, troverete voci di menu e approfondimenti che di solito non sono presenti nei siti turistici regionali e che danno subito l’idea di come la regione venga presentata come un vero e proprio sistema-prodotto territoriale, in cui ogni aspetto, ogni attore, ogni settore economico si trovano “sotto lo stesso cappello”.

Il place branding, precisa Parente, «è una strategia per comunicare in modo efficace e chiaro l’identità e i valori di un luogo. Così come per le aziende le operazioni di branding sono consequenziali di azioni più ampie e complesse che costruiscono la reputazione e la qualità percepita di un prodotto, per il territorio ciò che tacitamente dichiara il suo brand deve corrispondere alla effettiva qualità delle esperienze e alle aspettative generali».

Per intenderci: se il Südtirol punta sull’essere, come si legge sul sito, «un luogo leggendario, con natura spettacolare fatta di contrasti dove vigono esperienza contadina e clima incantevole che garantiscono la qualità dei prodotti tipici», questo deve essere declinato, supportato ma anche controllato da ogni punto di vista. «Il place branding», continua Parente «rappresenta la parte visibile di un sistema di azioni e processi mediamente molto lunghi che trasformano o rafforzano il sistema di valori di un territorio. Se il branding non è però supportato dalla promessa che quel sistema comunicativo trasmette, può risultare inutile o addirittura controproducente».

Solo comunicazione quindi? «Tutt’altro: è una tappa di un processo strategico più complesso e ampio», precisa la coordinatrice di D4T. Restando ancora nell’esempio del Südtirol, non è difficile imbattersi anche nello speck o nel succo di mele proprio a marchio Südtirol, appunto indice di una qualità assicurata da tutto il contesto. Trentino, Alto Adige, Friuli hanno dato vita a tutta una serie di elementi comunicativi coordinati tra di loro e inserendo le strutture alberghiere, le scuole e altro nei portali, si fanno garanti della loro qualità.

… ma anche Basilicata e Bologna

Ma non solo regioni del Nord, esempi da citare sono anche quelli della Basilicata, della Puglia o tornando in su fino al Centro Nord, anche di Bologna. In Basilicata si è puntato su digital storytelling, partendo nel 2011 con il far raccontare una regione non ben collegata e con pochi sbocchi sul mare da 7 artisti (fotografi, videomakers, animatori ) attraverso un digital diary chiamato Dreaming in Italy (che vi consiglio di vedere). E ancora in Lucania, racconti di autore come quelli di Gianni Biondillo sono finiti nell’ebook “Il Diario Del Pollino” (da subito primo nella classifica dei libri di viaggi) o, sempre sul sito, la Basilicata per emozioni è raccontata tramite visioni sonore o affidandosi a blog, itinerari d’autore ecc… Questo, appunto, per far sì che l’utente trovi in unico posto, quello della Basilicata del turismo “ufficiale”, tutto ciò che cerca, senza doversi cimentare su Google, con la certezza di avere informazioni di qualità.

Ebologna.it è il caso di un brand dinamico per la città di Bologna. «È stato indetto un concorso internazionale di idee dal titolo Bologna City Branding – ci spiega ancora Parente – e il progetto vincitore prevede che chiunque possa andare sul sito, dire cos’è per lui la città e un alfabeto, che sostituisce alle singole lettere segni astratti elaborati da alcune figure tipiche della città, dà vita a un logo che cambia di volta in volta». Gli utenti possono condividerlo sui social e partecipare attivamente alla creazione di un nuovo vocabolario della città. Il logo dinamico è già stato utilizzato sul sito del comune di Bologna e, per fare un altro esempio, nella sezione dedicata all’agenda culturale c’è la declinazione del logo con la parola cultura (scorrete fino in fondo e lo troverete sulla sinistra) così come sulla pagina Facebook dell’Urban Center si può vedere un’ulteriore versione di questo brand dinamico.

In Italia il primo place branding fu Torino con le Olimpiadi invernali del 2006

Gli esempi potrebbero continuare e se volessimo vedere chi per primo ha iniziato con il place branding, dovremmo fermarci a Torino dove furono le Olimpiadi Invernali del 2006 «l’occasione per avviare un processo di trasformazione a lungo termine, effettivo e nell’immaginario, da città della produzione automobilistica a città della cultura. E all’estero, Barcellona ha saputo riorientare la percezione della città attraverso azioni hard (intervento urbanistico e architettonico) e soft (comunicazione e creazione di nuove relazioni urbane e sociali), capitalizzando il grande evento delle Olimpiadi del 1992 e perseguendo nel tempo gli obiettivi della nuova visione strategica della città.  Purtroppo – prosegue Marina – parallelamente a questi casi di successo assistiamo anche a iniziative ‘di facciata’ che non portano risultati tangibili come concorsi per la progettazione di brand di città come Firenze o Roma, che, ragionando con la logica esclusivamente formale di nuova ‘etichetta’, finiscono per essere fini a se stesse e di non essere neanche effettivamente utilizzate».

E se guardiamo al fronte nazionale, sappiamo bene come la storia del brand Italia sia la dimostrazione di come il place branding si svilisca quando incontra la politica o i suoi cambi di direzione. Ricordate verybello? Per ripercorrere un po’ la storia vi consigliamo questo articolo.

«In Italia abbiamo una situazione di luci e ombre – precisa la coordinatrice di D4T. Abbiamo vissuto di rendita perché il ‘brand Italia’ esisteva nell’immaginario delle persone, associato al nostro primato per ricchezza e varietà del patrimonio artistico e paesaggistico, buon gusto e buon vivere, moda, design e settore enogastronomico. Siamo stati fermi mentre altre nazioni si attrezzavano e da un po’ di anni vediamo come nei ranking internazionali stiamo lentamente scendendo. Le ultime iniziative di place branding a livello nazionale sono state a dir poco imbarazzanti, senza coerenza e continuità».

Ma il place branding è solo turismo? «Tutt’altro. Come abbiamo intuito prima e come sottolinea Parente: i territori oggi sono dei sistemi economici molto importanti. Competono tra loro per essere ‘desiderabili’ per cittadini, turisti, creativi, ma anche per imprese e investitori. Ogni territorio rispetto alle proprie potenzialità (paesaggio, heritage, produzione, cultura, innovazione, ricerca, ecc.) si rivolge al corrispondente target per attrarre persone e nuove economie. In Italia, con il declino della produzione industriale, i settori della cultura e del turismo, ma anche della ricerca e di alcuni manifatturieri strettamente legati al know-how locale dovrebbero essere al centro delle azioni di promozione territoriale. Noi di D4T stiamo collaborando con enti locali e istituzioni di Biella, nota per l’eccellenza nel settore tessile che oggi sta avviando un processo di ripensamento della propria identità e di un coerente sviluppo territoriale».

Allora cosa serve per il futuro? La parola ancora a Marina Parente: «Che si faccia strada l’idea che occorre tempo, stabilità e collaborazione per avviare processi seri di valorizzazione e di promozione dei territori. E che si avviino processi integrati e collaborativi con le comunità locali che sono i veri testimonial dei territori e portavoce dei valori che si intendono promuovere. Occorre una visione condivisa in cui tutti possano riconoscersi e contribuire con le proprie attività a rinforzarla. Sinergia di intenti e partecipazione attiva tra istituzioni locali e attori locali sono ormai i requisiti indispensabili per il successo e la durabilità di iniziative a scala territoriale più o meno ampia».

Siciliana di origine, trapiantata a Milano, ormai la “sua città”. Giornalista, scrive di lavoro, economia e innovazione. Ama i social, tra tutti Twitter dove cinguetta ogni giorno.