Nei laboratori di tutto il mondo gli scienziati sono alla ricerca della cura contro il coronavirus in una vera e propria gara a chi riuscirà a tagliare prima il traguardo.
La speranza è riposta in un farmaco utilizzato contro dengue o zika. Il suo nome è
Ivermectin e secondo i ricercatori australiani della
Monash University di Melbourne che lo stanno sperimentando in collaborazione con il Doherty Institute, ucciderebbe il
Covid-19 in 48 ore. Intanto in Italia, dove l'infezione sembra stia rallentando, si pensa già al dopo lavorando ai test per individuare i soggetti che sono già stati infettati dal virus. Al
Policlinico San Matteo di Pavia la società
DiaSorin di Vercelli ha completato gli studi necessari al lancio di un nuovo test sierologico ad alto volume di processamento per rilevare la presenza di anticorpi nei pazienti infettati dal SARS-CoV-2. La Società, si legge in una nota, sta lavorando per ottenere il marchio CE e l'autorizzazione all'uso di emergenza (Eua) della Food and Drug Administration (Fda) entro la fine di aprile.
Gli sforzi maggiori in questo momento, però, sono profusi nella ricerca di una cura. Fior di scienziati hanno dichiarato guerra al coronavirus e sono a caccia di un
vaccino per sconfiggerlo, o anche solo di un
farmaco che almeno consenta di limitarne i danni. Per il primo i tempi saranno lunghi e non bisogna farsi illusioni, come ammette il direttore generale dell'Oms,
Tedros Adhanom Ghebreyesus: «Ci vorranno almeno 12-18 mesi».
In questo momento sono oltre
50 i progetti in cantiere in tutto il mondo per battere il virus. Proprio in Italia, prima linea di questo scontro epocale con un
nemico invisibile, sono iniziati i
test preclinici di cinque candidati vaccini. A condurli l'azienda biotech
Takis, vicino Roma, dove la sperimentazione sull'uomo potrebbe partire in autunno. I cinque vaccini si basano sui frammenti del materiale genetico del coronavirus che corrispondono a diverse regioni della
proteina S o Spike (punta in inglese,
ndr), una delle principali armi usate da
SarsCoV2 per penetrare all'interno delle cellule del sistema respiratorio. La tecnologia comune per tutti e cinque i vaccini si chiama
elettroporazione e consiste in un'iniezione nel muscolo seguita da un brevissimo
impulso elettrico che facilita l'ingresso del vaccino nelle cellule e attiva il sistema immunitario.
Sempre in Italia, la
Irbm di Pomezia si prepara a produrre il vaccino progettato dall'Istituto Jenner dell'Università di Oxford per preparare le dosi necessarie ai test sui volontari da condurre in Gran Bretagna. Il vaccino potrebbe essere disponibile in piccole quantità già a settembre ma ci vorrà molto più tempo perché possa essere utilizzato su larga scala.
A pochi chilometri di distanza, a Castel Romano, la
ReiThera sta partendo coi test del vaccino basato su un virus animale, un
adenovirus degli scimpanzé trasformato in una sorta di
cavallo di Troia che trasporta la sequenza genetica che corrisponde alla proteina Spike.
C'è anche chi ha già iniziato la
sperimentazione sull'uomo. In questo caso dobbiamo spostarci negli Stati Uniti dove
Moderna sta mettendo a punto un vaccino sintetico che non utilizza il virus ma la sua informazione genetica. Anche la tedesca
CureVac è pronta per la sperimentazione così come il colosso a stelle e strisce
Johnson & Johnson. Si basano sul materiale genetico del coronavirus SarsCov2 anche i vaccini progettati da
Inovio,
Beijing Advaccine Biotechnology e
Cepi.
Utilizzano infine parti del virus i vaccini allo studio da parte dell'Università australiana del Queensland con il Cepi, il
Baylor College of Medicine, l'università cinese
Fudan, il
New York Blood Center e l'Università del Texas; seguono questo stesso approccio anche le aziende
Novavax,
Clover Bipharmaceuticals e
Vaxart. Un altro progetto di ricerca che coinvolge
Toscana Life Sciences e
Ospedale Spallanzani di Roma sta giocando la carta del plasma dei pazienti guariti per cercare di trovare un antidoto.
Questa lotta senza quartiere contro il virus si combatte non soltanto con le armi della medicina ma con quelle fornite dalla scienza a 360 gradi. Un team di ricercatori australiani, infatti, sta utilizzando il
sincrotrone di Melbourne, il più grande acceleratore di particelle nell'emisfero meridionale, per mappare in 3D la struttura molecolare del Covid-19. Il sincrotrone produce, infatti, una luce un milione di volte più forte del Sole e consente di catturare immagini 3D di atomi e molecole. Gli intensi raggi X, emessi da elettroni che scorrono attraverso l'acceleratore, consentono ai ricercatori di esaminare le proteine chiave del virus. L'obiettivo è sviluppare farmaci che si legano al virus impedendogli di crescere. In Sardegna, invece, il
centro di ricerca CRS4 di Pula, in provincia di Cagliari, mette a disposizione della comunità scientifica
Next, una piattaforma di
sequenziamento genomico, di
bioinformatica e di
analisi dati. Next dà la possibilità di approfondire studi di sequenza per supportare lo sviluppo di vaccini, individuare i migliori trattamenti per la cura della malattia, fornire sostegno sul fronte del monitoraggio epidemiologico.
Non solo vaccini però: parallelamente si sta cercando di contrastare l'avanzata della pandemia sperimentando anche l'efficacia di
armi già a disposizione dell'"arsenale" medico. L'Agenzia europea del farmaco (Ema) sta valutando
40 farmaci contro il Covid-19. Tra le potenziali terapie su cui sono in corso sperimentazioni, spiega l'agenzia, c'è il
remdesivir (sviluppato per Ebola), la combinazione di antivirali lopinavir/ritonavir (già approvati e in uso contro l'Hiv), la clorochina e l'idrossiclorochina (autorizzate contro la malaria e per alcune malattie autoimmuni, come l'artrite reumatoide), gli interferoni e beta-interferoni (usati per la sclerosi multipla), e diversi anticorpi monoclonali che agiscono su alcune componenti del sistema immunitario.
In Italia l'Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha approvato la sperimentazione del
Tolicizumab, un anticorpo monoclonale usato per l'artrite reumatoide, e dell'antinfluenzale giapponese
Avigan. Disco verde dell'Aifa anche alla sperimentazione dei farmaci antimalarici, così come è già avvenuto in Cina. Al fine di favorire lo sviluppo di nuove medicine, l'Aifa, come conferma
Patrizia Popoli,
direttrice Centro Nazionale Ricerca e Valutazione Preclinica e Clinica dei Farmaci dell'Iss «sta semplificando ed accelerando le procedure di sperimentazione clinica, e ad oggi sono stati autorizzati già diversi studi che hanno l'obiettivo di verificare l'efficacia e la sicurezza di diverse molecole». In Olanda, Germania e Australia, invece, si sta cercando i usare il
vecchio vaccino contro la tubercolosi per potenziare la capacità del sistema immunitario di rispondere alle aggressioni del coronavirus.
Oltreoceano la fondazione di
Mark Zuckerberg sta collaborando con quella di
Bill Gates, fondatore di
Microsoft, per trovare cure per il Covid-19. Il ceo di Facebook ha annunciato che si impegna a investire 25 milioni di dollari «per accelerare lo sviluppo dei trattamenti». L'iniziativa si chiama appunto
Acceleratore terapeutico ed è stata lanciata il 10 marzo scorso da Gates insieme a
Wellcome e
Mastercard con budget di
125 milioni di dollari. L'obiettivo, scrive Zuckerberg, è quello di «valutare rapidamente i farmaci esistenti più promettenti per vedere quali potrebbero essere efficaci nel prevenire e curare il coronavirus. Visto che questi farmaci hanno già superato studi clinici di sicurezza, sarà molto più veloce renderli disponibili rispetto a sviluppare e testare un nuovo vaccino. Se tutto va bene, mesi, piuttosto che un anno o più».
Intanto, però, ci sono altri nemici dai quali la popolazione è chiamata a difendersi. A lanciare l'allarme è sempre Popoli: «In nessun caso è giustificabile il ricorso a terapie
'fai da te' per il trattamento del Covid-19. Tutti i farmaci hanno degli effetti collaterali più o meno gravi, e l'automedicazione comporta rischi ancora più gravi quando si usano farmaci non autorizzati». Attenzione poi ai
pericoli del web dove «circolano informazioni fuorvianti». La preoccupazione generata dall'emergenza Covid-19 ha scatenato «una vera e propria
'caccia al farmaco'».