La formula di Hans Rosling contro la malattia della distorsione auto-referenziale per non cadere nella trappola della dicotomia: noi siamo quelli che sappiamo, gli altri studino.
C'è un libro la cui lettura oserei definire salutare. Si tratta di Factfullness, frutto del genio e della simpatia del compianto Hans Rosling, lo straordinario divulgatore svedese, fondatore insieme al figlio e alla nuora della Fondazione Gapminder, una miniera di dati per chi volesse apprendere e comprendere in modo efficace la dinamica delle principali grandezze e degli indicatori più utilizzati, a livello socio-economico, nel mondo.
Ho usato l'aggettivo salutare perché il libro di Rosling è una boccata d'ossigeno in un mondo che, a volte, ha le finestre chiuse come quello della comunicazione scientifica, e mi riferisco proprio a quella divulgativa. Tutti parlano di unconscious biases, di fact checking, di trappole cognitive, ma è raro vederlo fare come Rosling, con la forza dei numeri e la responsabilità, perché di questo si tratta, di una visione positiva.
Nell'epoca delle passioni tristi e del pessimismo cosmico, che affascinano anche chi scrive ad essere sinceri, Rosling si assume proprio una responsabilità, direi quasi civile, di fare dei dati il grimaldello felice di una visione costruttiva del mondo, in cui il futuro torna serenamente, e con il supporto dei fatti, ad avere il segno +. Non è un'operazione banale, non lo è affatto, perché ognuno di noi vive nella sua bolla di auto-commiserazione e disperazione compiaciuta, a volte, che più di spesso perde di vista i numeri per seguire il racconto che si preferisce.
Contro la malattia della distorsione auto-referenziale, Rosling propone dunque i dati come terapia, e parla, appunto, di data therapy. In primis per smascherare, tra i tanti errori che gli esseri umani commettono quando si tratta di leggere una statistica, i due principali: la tendenza al catastrofismo e quella a usare una visione manichea (o binaria, per usare un aggettivo più digitale) del mondo. Nel primo caso, numeri e didattica alla mano, Rosling ha passato la vita a fare vedere come gli esseri umani tendano a guardare alle statistiche con una visione spesso iper-drammatica: la povertà peggiora, la fame pure, l'istruzione è un disastro e altrettanto lo è la mortalità infantile. Eppure, coi grafici e la loquela che lo hanno reso famoso, il ragionamento basato sui numeri mostra che, da una prospettiva globale, il pianeta Terra è un posto migliore, e per una sempre maggiore percentuale dei suoi abitanti, di quello che era decenni fa.
A stretto giro di posta, segue il secondo errore: il manicheismo statistico. Ricchi contro poveri, occidentali contro resto del mondo, paesi in via di sviluppo contro paesi ricchi. Categorie con cui, forse, si poteva leggere il mondo negli anni '60 del Novecento ma che, grazie al cielo, oggi sono e devono essere superate da una visione più complessa, articolata e basata su una semplice presentazione dei numeri. Factfullness è la wellness del pensiero, la palestra di chi si allena a verificare una fonte prima di citare un dato. Factfullness è un libro salutare. Facfullness è, in definitiva, una scuola preziosa di umiltà. Perché imparare a leggere un numero e a presentarlo correttamente rappresenta, prima di tutto, un esercizio di onestà intellettuale, che non può non sfociare nella serena consapevolezza di una sanissima e curabilissima fallibilità.
Continuo a usare parole legate alla salute ma, davvero, Rosling è salutare, e qui viene in aiuto la seconda parola. Simpatia. Un divulgatore scientifico deve essere etimologicamente simpatico, altrimenti perde la forza del suo messaggio. E la voce di Rosling, che provenga dal suo libro o dagli speeches che, ancora oggi, sono visti da milioni di persone del mondo in rete, è simpatica. Comprensiva, gentile, divertente. E, perché no? Giocosa.
Racconta il grande studioso che, all'inizio della sua carriera da medico, coltivava la passione per il circo e per i mangiatori di spade. E quale non fu la sua sorpresa nell'apprendere la scienza dei fachiri che si infilano una spada, giù giù in fondo alla gola? E nel capire, empiricamente, che ciò che sembra impossibile può rivelarsi, in fin dei conti, una questione di allenamento neanche troppo sfidante? Rosling amava stupire il suo pubblico, al termine di alcune conferenze, smettendo i panni dello scienziato sociale e ingoiando una spada davanti ai suoi ascoltatori. Lo trovo un gesto di rara potenza comunicativa.
Perché la divulgazione scientifica, quella fatta bene, è un gioco appassionato e felice. E chi lo fa deve sapere prendersi in giro proprio facendosi scudo della forza dei numeri. È paradossalmente l'unico modo per comunicare numeri seri senza cadere nella trappola della dicotomia: noi siamo quelli che sappiamo, gli altri studino.