Prosumer in cerca di etica

Society 3.0


Prosumer in cerca di etica

Le persone fanno molto di più che acquistare prodotti: i cosiddetti Prosumer influenzano la qualità, le caratteristiche e il prezzo. Così la forbice della polarizzazione si è allargata e per le aziende la sfida è sulla Corporate Social CSR e sull’innovazione.

Le persone fanno molto di più che acquistare prodotti: i cosiddetti Prosumer influenzano la qualità, le caratteristiche e il prezzo. Così la forbice della polarizzazione si è allargata e per le aziende la sfida è sulla Corporate Social CSR e sull’innovazione.

Quando ho suggerito per la prima volta la parola “Prosumer”, l’ho usata per indicare un consumatore che stava diventando più attivo. Un prosumer non consuma semplicemente un prodotto così com’è. Un Prosumer vuole influenzare il design del prodotto o almeno la versione che accetterà. Alla fine, un Prosumer può decidere di creare la propria soluzione a un bisogno e persino consigliarlo ad altri.

I consumatori di oggi sono sempre più Prosumers solo che sono diventati più veloci e tecnologici: inviano e-mail ai produttori su come migliorare il loro prodotto, creano gruppi di notizie e discussioni su come un settore o un’azienda possano fare un lavoro migliore per soddisfare la domanda, usano la loro influenza e voce digitali per indirizzare la qualità, le caratteristiche e i prezzi dei prodotti. I Prosumers fanno molto di più che consumare determinati prodotti così come sono. Tutto questo ha favorito la polarizzazione dei consumi in maniera forte: da un lato c’è una crescita dei prodotti premium, dall’altro il prezzo è una variabile importante grazie all’allargamento dell’offerta nella fascia bassa da parte della distribuzione.

Il marketing tradizionale, in questo contesto, ha sviluppato un’eccellente teoria su come servire e conquistare i mercati. L’azienda deve studiare le esigenze dei clienti e applicare la segmentazione, il targeting e il posizionamento (STP) per identificare la migliore opportunità di mercato. Quindi la società inventa una proposta di valore convincente per promuovere la sua offerta e formula il suo mix composto dalle 4P (ProductPricePlace, and Promotion, ovvero Prodotto, Prezzo, Luogo e Promozione) per offrire la migliore offerta ai clienti target. Gli esperti di marketing hanno fatto un forte uso di TV, radio e stampa per diffondere i loro messaggi e sono ancora fortemente dipendenti dagli spot televisivi di 30 secondi come principale strumento di costruzione del marchio.
Ma il digitale ha cambiato molto velocemente la loro prospettiva. Gran parte del marketing è cambiato con l’emergere di strumenti e piattaforme digitali. Oggi gli esperti di marketing sono in grado di imparare molto su interessi, convinzioni e valori dei Prosumer osservando il loro comportamento su Facebook, Google, Instagram, Apple e Amazon. Le aziende formulano una proposta di valore di base, ma sono in grado di specializzarla in diversi gruppi target. Nell’era digitale, le aziende sono in grado di apprendere più rapidamente cosa funziona perché i dati di vendita e i risultati sono disponibili quasi in tempo reale. Questo vuol dire una cosa sola: il marketing tradizionale e quello digitale devono essere fusi nei piani di strategici commerciali delle aziende per ottenere risultati redditizi.

Ma non c’è solo questo. Nel mio ultimo libro Brand Activism: From Purpose to Action c’è il cambiamento in atto adesso che riguarda non solo il marketing, ma anche l’identità delle aziende: l’attivismo verso i consumatori. I marchi normalmente identificano la loro mission con la formulazione di piani convincenti per i consumatori che facciano apparire l’azienda capace di offrire la soluzione migliore per un’esigenza o un problema ben definito, che si tratti di denti più puliti o di un’auto più veloce. Questo adesso non basta più: per essere marchi Activist bisogna andare oltre. Le aziende che sono diventate attive verso i consumatori puntano non solo a soddisfare un’esigenza specifica, ma anche a rendere il mondo un posto migliore. Le società attiviste affrontano alcuni problemi relativi al loro prodotto o un problema generale di grande preoccupazione come il clima o le emergenze sanitarie. Per fare qualche esempio, Volvo ha scelto non solo di rendere un’auto più sicura, ma ha fatto una serie di attività per rendere le strade più sicure e i semafori più affidabili; Body Shop non solo ha cercato di realizzare lozioni per la cura della pelle davvero raffinate, ma ha anche svolto attività per migliorare i diritti degli animali, i diritti civili, il commercio equo e solidale e la protezione dell’ambiente.

È evidente che in questo contesto la Corporate social responsibility (CSR) assume un ruolo chiave: le aziende devono assumersi la responsabilità di problemi sociali come automobili non sicure, fabbriche che inquinano, miniere di carbone che distruggono l’ambiente locale, alimenti che portano all’obesità. Oggi un numero sempre più grande di imprese è pronto ad annunciare i propri valori e ad adottare misure per migliorare alcuni problemi sociali. Walmart, per esempio, nella scelta dei marchi da mettere sugli scaffali, si assicura che non solo pratichino la sostenibilità ma anche che scelgano fornitori che praticano la sostenibilità. Minimizzare gli sprechi e inserire l’etica nel processo decisionale è la strada per conquistare i Prosumer digitali che, sempre di più, conoscono e scelgono le società impegnate socialmente.

L’etica da sola non basta senza innovazione. I Big Data sono l’altro grande cambiamento che le aziende stanno affrontando. Gli esperti di marketing hanno sempre sognato di essere in grado di fare la migliore offerta personalizzata per ogni potenziale cliente. Quel cliente otterrebbe il prodotto e il servizio giusti al momento giusto nel posto giusto e al prezzo giusto. Ciò ha portato le imprese di oggi a raccogliere Big Data che descrivono tutto ciò che riguarda i singoli clienti, incluso ciò che acquistano, quali media consumano, quali risparmi hanno e così via. Le aziende più avanzate impostano sistemi di intelligenza artificiale per raccogliere continuamente nuovi dati, interpretarne l’impatto e utilizzare algoritmi per guidare il rilascio di nuovi messaggi diretti al pubblico giusto senza la necessità di un processo decisionale umano. Tutto questo comporta una riorganizzazione del processo decisionale con nuove figure che oggi sono centrali per il marketing come i Chief Marketing Officer (CMO) che dispongono di dati e competenze digitali e di una mentalità creativa. Sono profondamente impressionato, per esempio, dai programmi software creati dalla società americana Salesforce per aiutare i propri clienti a migliorare la pianificazione delle vendite e del marketing. Tutta questa trasformazione riguarda ogni azienda di ogni settore e ha reso più rapidi tutti i processi: le grandi aziende sanno di non avere altra scelta e di essere condannate a innovare continuamente e con successo se vogliono sopravvivere. Si tratta di scelte e di purpose. L’esempio di Fujifilm e Kodak è sempre illuminante: la prima sarebbe probabilmente fallita con la fine della domanda cinematografica come è accaduto a Kodak. Invece oggi Fujifilm è una società più grande di quando produceva solo pellicole perché è stata capace di convertire le compe​tenze dei propri dipendenti verso un altro settore: oggi produce apparecchiature mediche, farmaci e prodotti da banco per la cura della pelle. Non a caso il motto dell’azienda è “non fermare mai l’innovazione”. Il caso di Fujifilm sarà al centro del mio prossimo libro intitolato Never Stop – Winning through​ Innovation, che descrive tutti i modi in cui l’innovazione fa rima con crescita. Alla base c’è un concetto semplice per le imprese: non fermarsi mai.

Viene considerato uno dei pionieri del marketing sociale, è S.C. Johnson & Son Distinguished Professor of International Marketing presso la Kellogg School of Management della Northwestern University di Evanston, Illinois. ​