Management: il virus cambia l’organizzazione

Society 3.0


Management: il virus cambia l’organizzazione

I leader aziendali dovrebbero vedere la scossa prodotta dal COVID -19 come un’inedita opportunità di spingere l’adozione di nuove tecnologie. Non tutto ciò che è derivato dalla pandemia è negativo.

I leader aziendali dovrebbero vedere la scossa prodotta dal COVID -19 come un’inedita opportunità di spingere l’adozione di nuove tecnologie. Non tutto ciò che è derivato dalla pandemia è negativo.

​​La crisi prodotta in tutto il mondo dal coronavirus ha portato con sé enormi tragedie umane, e sta ora determinando una recessione economica di gravità eccezionale. Sulle probabilità di una significativa ripartenza pende ora la minaccia di una seconda ondata di infezioni e chiusure. Come affrontare questo periodo a così elevato tasso di incertezza? Alcuni governi e molti media descrivono la fase 2 in cui siamo appena entrati come una situazione in cui ci sarà gradualmente permesso di tornare gradualmente alle nostre vite e attività precedenti. Ma per le organizzazioni adottare questo approccio sarebbe un grossolano errore: protrarrebbe le difficoltà in ​cui versa la maggior parte delle aziende e cancellerebbe ogni vera prospettiva di ripresa.

leader aziendali dovrebbero invece vedere la scossa prodotta da Covid-19 come un’inedita opportunità. Non tutto ciò che è derivato dalla pandemia è negativo. La forte migrazione verso le tecnologie digitali sperimentata nei comportamenti di famiglie e imprese è una svolta di importanza straordinaria, e di segno positivo. In effetti, nel breve spazio di due o tre mesi il virus è riuscito a spingere ​la digital adoption più di quanto siano riuscite a fare tutte le società di consulenza nel corso di molti anni. Per questo nella prossima fase le organizzazioni dovranno stare attente a non scivolare di nuovo nella propria comfort zone: le imprese che usciranno meglio dalla crisi sono quelle che risulteranno capaci di abbracciare il futuro con maggior coraggio e determinazione.

Da questo punto di vista, gli executive hanno oggi una grande responsabilità. I benefici derivanti indirettamente dallo shock che Covid-19 sta infliggendo al sistema economico mondiale potranno essere raccolti solo se essi cambieranno il modo di gestire le loro organizzazioni, e lo miglioreranno radicalmente.

 In che modo? Sebbene la tecnologia giochi un ruolo essenziale, non si tratta solo di questo. Ammodernare un singolo processo o acquistare un nuovo software o sistema digitale non basterà. Ciò che occorre è ripensare e riprogettare completamente il funzionamento della propria azienda, in un ambiente ormai esposto sia alla trasformazione digitale che a rischi pandemici. In un certo senso, le organizzazioni dovrebbero essere reinventate e adattate – molto più velocemente del previsto – al nuovo mondo in cui oggi viviamo. E c’è anche la necessità di una completa ridefinizione del rapporto con i dipendenti. Qui, sorprendenti novità mostrano che i vecchi modi di gestire il personale sono decisamente superati, e si è aperta l’opportunità di introdurre importanti innovazioni.

Per poter dare vita a questo cambiamento, ogni impresa dovrebbe agire con urgenza nelle seguenti cinque direzioni: cultura, tecnologia, funzioni, spazi, persone.

Nessun cambiamento senza uno shift culturale

Anzitutto, affrontare la crisi che sta avanzando sarà molto arduo se la cultura dell’organizzazione non evolve velocemente. Ciò che occorre è introiettare, a tutti i livelli dell’impresa, la necessità di un cambiamento sistemico. Uno shift culturale a favore del nuovo è difatti il presupposto per qualsiasi cambiamento negli altri ambiti sopra citati. Da questo deriva l’urgenza di dare rapido corso a un processo di change management. Questa scelta, che in molti altri momenti poteva essere considerata opzionale, ora sta acquistando valore strategico.

La necessità di dare un forte impulso al cambiamento di mindset dipende dal fatto che Covid-19 ha causato un’incredibile accelerazione nella maggior parte delle pratiche e dei processi aziendali. Tenendo conto dell’attuale contesto sociale, economico e tecnologico, e della vertiginosa trasformazione in atto intorno a loro, i dirigenti dovrebbero verificare e ridefinire radicalmente i modelli di business delle organizzazioni. Inoltre, mentre in passato potevano indulgere nel lavorare su planning a diversi anni, ora è palese che devono pianificare in mesi o in settimane. Anche questo è molto difficile da fare senza un deciso cambiamento.

In tale shift culturale le organizzazioni dovrebbero sforzarsi di coinvolgere il maggior numero possibile di persone. Devono spingere la gente – tanto i dipendenti quanto i clienti, fornitori e partner – ad abbracciare l’idea che cambiare è possibile ed è anzi l’unica strategia per sopravvivere e tornare a prosperare.

 In tempi tumultuosi come questi, la cultura aziendale ideale dovrebbe essere flessibile, agile, incline alla collaborazione, totalmente aperta al digitale e propensa ad affrontare le nuove sfide con un misto di resilienza, decisione e immaginazione. Indubbiamente, la ripartenza sarà impegnativa e presenterà molti seri ostacoli. Ma sono convinto che offrirà anche – a chi saprà coglierle – straordinarie opportunità.

Tecnologia: la ripartenza sarà digitale

Covid-19 ha forzato le imprese a operare da remoto e, in tal modo, ha dato un grandioso impulso all’introduzione di strumenti per collaborare in modo più intelligente. Come si può leggere in un articolo di Business Insider di fine aprile 2020, Microsoft Teams è arrivata a 75 milioni di utenti attivi giornalieri, e 31 di questi li ha aggiunti solo nell’ultimo mese. (Nello scorso luglio gli utenti attivi erano solo 13 milioni). Di fatto, Teams è il prodotto di Microsoft che ha avuto la crescita più veloce mai registrata. In riferimento a questo successo, il CEO di Microsoft, Sayta Nadella, ha commentato: «Con l’impatto di Covid-19 su ogni aspetto del nostro lavoro e della nostra vita, abbiamo visto due anni di trasformazione digitale in due mesi». La corsa ai meeting virtuali causata dalla crisi ha anche attirato molte persone verso strumenti come Zoom e Slack, la cui adozione ha registrato numeri record.

 Questo cambiamento è destinato a proiettarsi in avanti, ed è solo uno dei fattori che renderanno la ripartenza fortemente imperniata sul digitale. In ogni caso, l’impatto di Covid-19 sulla vita delle persone deve essere visto come un punto di svolta. Semplicemente, di qui in avanti il modo in cui le persone lavorano e imparano non sarà mai più lo stesso.

Ciò significa anche che le organizzazioni dovranno garantire una digitalizzazione trasversale, capace di coprire tutti gli aspetti della vita della loro azienda. Il modo migliore per farlo è affidarsi alla spina dorsale di un valido Digital Workplace: un luogo dove le persone, la tecnologia e l’organizzazione si incontrano, e che fornisce un punto di accesso unico per la collaborazione e l’integrazione con tutti i sistemi aziendali. Questo era qualcosa di molto importante da implementare prima dell’avvento del virus, ma ora è diventato un requisito necessario per superare la crisi e guardare con fiducia al futuro.

La maggiore dipendenza dal digitale ha una forte implicazione: la cybersecurity dovrà essere rafforzata. Anche nella vostra impresa, il next normal sarà molto probabilmente caratterizzato dal trasferimento di un numero crescente di attività dal mondo fisico a quello digitale. Ciò comporterà rischi più elevati e richiederà un approccio consolidato alla cybersecurity, in grado di garantire la privacy, la continuità operativa, la compliance e la resilienza di tutti i processi aziendali.

Il valore delle funzioni organizzative

Un effetto inatteso dello sconvolgimento prodotto del coronavirus è l’evidenza che alcune funzioni organizzative, finora ritenute indispensabili, hanno cessato di operare con poche conseguenze (o nessuna). Questo pone un grosso interrogativo sulla loro effettiva utilità. Allo stesso tempo, altre funzioni hanno accresciuto il loro ruolo e la loro rilevanza. Soppesare ciò che è realmente necessario ed eliminare la ridondanza funzionale è diventato un passaggio importante per molte organizzazioni.

La premessa per procedere a scelte oculate in quest’ambito è ottenere in tempi brevi una conoscenza adeguata di quello che sta accadendo. Tale conoscenza è preziosa per comprendere i cambiamenti che la pandemia ha portato alla vostra organizzazione non solo sul terreno della sua struttura formale ma anche e soprattutto su quello delle relazioni informali. Può anche aiutarvi a ridurre la frammentazione derivante dalla dispersione dei dipendenti nel lavoro a distanza e a combattere fin dall’inizio la nascita di nuovi silos e sub-silos.

Come dovrebbero procedere gli executive? Devono anzitutto misurare l’impatto che la pandemia ha avuto su tutte le funzioni interne all’azienda, e poi ridisegnare di conseguenza il processo decisionale. Il modo migliore per fare questo è adottando strumenti in grado di fornire evidenze e misurazioni rivelatrici.

Un primo metodo di notevole utilità è l’Experience Mining, uno strumento non intrusivo e agnostico dal punto di vista della piattaforma, che utilizza algoritmi intelligenti per analizzare le tracce dei dati e fornisce una mappa dei comportamenti e dei processi reali. Offre grandi capacità nel raggruppare comportamenti simili in cluster di Personas e KPI molto validi nel valutare le performance.

Forse ancora più utile è poi la strumentazione data dall‘Organizational Network Analysis (ONA): un modo strutturato per visualizzare come la comunicazione, le informazioni e le decisioni passano attraverso un’azienda, indipendentemente da come è organizzata la sua gerarchia formale. Il lavoro a distanza determinatosi in seguito alla pandemia non è stato invero pensato in modo particolarmente smart – è stato principalmente una reazione imposta dagli eventi e di tipo emergenziale. Condurre una network analysis in questa fase può aiutare a scoprire i punti forti e le anomalie funzionali della struttura organizzativa, esaminando a fondo il sistema informale di collaborazione che si è venuto a creare.

Ripensare il ruolo degli spazi

Lo shock prodotto da Covid-19 ha comportato il più grande svuotamento degli uffici aziendali che si ricordi. Impossibilitate a muoversi dal virus e dalle restrizioni ad esso conseguenti, milioni di persone si sono ritrovate a lavorare da casa. In questa situazione del tutto inusuale, molte aziende hanno improvvisamente scoperto di poter funzionare piuttosto bene con solo il 20% dei dipendenti seduti alla loro scrivania. Numerosi executive si sono posti quindi una domanda fondamentale: se la nostra organizzazione può continuare a operare senza perdite di produttività offrendo un ufficio solamente a un dipendente su cinque, perché sostenere il costo di una postazione lavorativa per i restanti quattro?

Questa domanda ha già avuto risposte molto interessanti da parte di alcune delle aziende più evolute, tra cui Facebook e Salesforce. I rispettivi CEO, Marc Zuckerberg e Marc Benioff, hanno infatti dichiarato che i loro uffici riapriranno a breve, ma che i loro dipendenti, se lo vogliono, potranno lavorare da casa fino alla fine del 2020. Con ciò hanno espresso implicitamente piena fiducia nel comportamento atteso degli employee, la cui condotta per un bel po’ di tempo non sarà soggetta ai controlli abituali legati alla presenza sul luogo di lavoro. 

Ma ancora più avanzata è stata la scelta di Twitter. Il cui CEO, Jack Dorsey, ha scritto di recente ai suoi quattromila dipendenti nel mondo segnalando che, malgrado fossero stati mandati tutti a casa fin dall’inizio della pandemia, la produttività dell’organizzazione non ne ha risentito. Per questo, Dorsey ha spiegato che d’ora in poi gli employee potranno liberamente decidere se lavorare in ufficio oppure da casa (o da qualunque altro luogo preferiscano) – per sempre.

Tra l’altro c’è da considerare che, nel dopo-Covid-19, la gestione degli uffici fisici delle organizzazioni si è parecchio complicata. Nell’intento di scongiurare una seconda ondata, le imprese dovranno ora tenere conto delle nuove norme di social distancing, sanificazione dei locali, ecc., che tendono a rendere qualsiasi ufficio più oneroso da gestire. E i dipendenti che rientrano in sede saranno tenuti a mantenere le distanze e comportarsi in modo incompatibile con le vecchie forme di lavoro e gli spazi affollati che erano di norma solo pochi mesi fa.

A medio-lungo termine possiamo certo sperare che alcuni di questi problemi si attenueranno. Ma è molto incerto che potremo mai tornare a usare i vecchi spazi con la stessa libertà di prima. Secondo la CNN, gli scienziati americani specializzati in pipistrelli hanno recentemente informato che questi simpatici mammiferi ospitano circa 15.000 coronavirus, di cui solo poche centinaia sono attualmente noti. Quando un altro agente patogeno salterà da un pipistrello a un umano e scoppierà una nuova pandemia, nessuno lo può prevedere.

Tutto questo comporta che dover ripensare con molta attenzione il ruolo degli spazi di lavoro e adattarli alla nuova realtà in divenire. Da questo punto di vista, anche il concetto di open space che fino a ieri appariva così cool per incoraggiare una stretta collaborazione tra i dipendenti va totalmente rivisto. Nei grattacieli, gli ascensori che un tempo trasportavano 20 persone in pochi metri quadrati sono ora divenuti inconcepibili, e il loro destino è quello di accettare solo 2 o 3 persone adeguatamente distanziate alla volta. Chiaramente, questo può avere senso solo se gli orari d’ufficio non sono più basati sulla routine 9-18 e i dipendenti possono entrare e uscire in qualsiasi momento.

In breve, d’ora in poi gli spazi degli uffici devono essere riconsiderati in una prospettiva sistemica e dinamica. Le organizzazioni devono esplorare nuovi modi di utilizzarli e non vedere la fine della pandemia come una luce verde per un ritorno al passato.

Persone: dal controllo alla fiducia

Con l’arrivo della pandemia la maggior parte delle aziende hanno mostrato grande rispetto per le linee guida del governo e si sono mosse rapidamente per garantire la sicurezza dei loro dipendenti. Molte iniziative su questo versante sono da elogiare, ma non bastano. Di fatto, i vostri dipendenti costituiscono un potenziale straordinario che, nella situazione attuale, attende solo di essere liberato.

Lo smart working è stato per decenni in secondo piano nelle organizzazioni. Molti dubitavano che potesse mai essere attuabile. Poi, nel giro di poche settimane, il coronavirus ha spinto milioni di persone a lavorare da casa – e la maggior parte ha dimostrato di essere più che pronta per il cambiamento. Le aziende non avevano fatto alcun preparativo, e in realtà le forme di smart working che si sono materializzate sono tutt’altro che ideali. Ma le persone si sono impegnate in modi ammirevoli. Ora, le organizzazioni dovrebbero elevare il ruolo dei dipendenti facendo leva sulla responsabilità individuale e sull’intelligenza collettiva.

La pandemia ha dimostrato che, quando le persone lavorano da remoto, il modello di leadership basato sul comando e controllo vacilla. I dirigenti devono fare molto più affidamento sulla fiducia e sull’empowerment delle loro persone. Non conta più dove o quando un employee lavora, ma come lo fa e quali risultati raggiunge.

Nelle circostanze determinate da Covid-19, tutto è accaduto molto rapidamente, e questo nella gran parte dei casi non ha permesso di rendere il lavoro a distanza davvero intelligente. Ma il processo è iniziato. La vostra azienda può migliorarlo e sostenerlo a suo vantaggio facendo propri questi passi cruciali:

  1. Educate i dipendenti a lavorare per obiettivi e non per task. Poiché non è possibile controllare come i task vengono svolti dai lavoratori in remoto, lasciate le persone libere di organizzarsi e rendetele responsabili dei risultati. Nella nuova situazione, ciò che conta è il raggiungimento degli obiettivi. Ciò può richiedere l’avvio di iniziative di upskilling e reskilling da parte dell’azienda. Affinché il lavoro intelligente funzioni al meglio, occorre non di rado che gli employee acquisiscano rapidamente nuove competenze. Peraltro, dal momento che molti individui hanno già familiarità col digitale per motivazioni di intrattenimento, apprendere le skill di cui c’è bisogno per aggiornarsi sul terreno professionale potrebbe rivelarsi meno difficile del previsto.
  2. Usate gli analytics per ottimizzare l’efficienza del lavoro a distanza. Non tutti i dipendenti danno il meglio di sé da remoto. Circostanze personali di vario genere possono non favorire questa modalità di lavoro. Ma come stabilire chi deve far parte di quel 20% che può sedersi subito alla propria scrivania? Poiché per sua natura lo smart working è altamente digitalizzato, è agevole controllare gli analytics per capire chi è bravo a farlo e chi farebbe bene invece a tornare in ufficio. 
  3. Consentite ai dipendenti di lavorare attraverso un network di teams. Come indicato da un recente rapporto di McKinsey, tenuto conto del grande cambiamento dell’ambiente esterno prodotto dal coronavirus, le aziende non possono tergiversare e devono reagire con particolare urgenza. Questo rende indispensabile attivare un network informale di squadre autorizzate a operare fuori dall’attuale gerarchia e struttura burocratica dell’organizzazione. In specifico, i leader aziendali devono promuovere una rete di team coesa e adattabile, amalgamata da uno scopo comune, capace di raccogliere informazioni, trovare soluzioni e metterle in pratica – e di farlo molto in fretta (McKinsey, To weather a crisis, build a network of teams, aprile 2020).
  4.  Trovate il modo di compensare la mancanza di socializzazione. Il fatto che vengano meno gli scambi sociali faccia a faccia  è un palese aspetto negativo del lavoro a distanza. Ciò impoverisce la vita di relazione e, come notato da molti psicologi, può comportare in molti difficoltà mentali ed emotive. Pensate creativamente a come introdurre iniziative social che possano far convergere e unire le persone anche quando sono fisicamente lontane. Alle imprese spetta inoltre dare un contributo per riequilibrare vita e lavoro in modo più smart. L’essenziale è rendere facile trovare soluzioni che si adattino alle esigenze individuali degli employee, in tutti i modi possibili. 
  5. Riprogettate l’intera esperienza dei dipendenti. Nei mesi prossimi, verosimilmente, tornerà in ufficio una parte crescente della forza lavoro. Ma lo smart working ha dimostrato di funzionare al di là di ogni previsione; ed è dunque assai probabile che di qui in avanti rimarrà una forma di attività lavorativa molto più popolare e rilevante che in passato. Ciò implica che l’esperienza dei dipendenti – anche il processo che ho progettato due anni fa in un libro con lo stesso titolo (Employee Experience, Franco Angeli, 2018) – debba essere largamente ripensata. Dal momento che, nella dimensione che sta assumendo, l’esperienza del lavoro a distanza è un fenomeno nuovo, bisognerà studiare molti casi per individuare quali possono essere le best practice. Le organizzazioni e gli analisti dovrebbero unire le loro forze per capire come potrà essere la nuova esperienza dei dipendenti.

Più in generale, nella nuova realtà, le organizzazioni dovrebbero proporsi di motivare le loro persone, e soprattutto i giovani, con un nuovo senso di purpose, ovvero uno scopo ultimo dell’attività d’impresa nel quale poter credere. Questo era vero anche prima della disruption impostaci da Covid-19, ma ora l’importanza di questo aspetto è diventata fondamentale. Un altro rapporto McKinsey ha recentemente dichiarato che “Un purpose può liberare il potenziale dei dipendenti – aiutandovi a vincere la guerra per i talenti, a mantenere le persone migliori e ad aumentare la motivazione dei dipendenti. Oggi, circa due terzi dei Millennial tengono conto dell’impegno sociale e ambientale di un’azienda nel decidere dove lavorare” (McKinsey Quarterly, Purpose. Shifting from why to how, aprile 2020). I dubbi che permangono sulla possibile relazione tra l’improvvisa comparsa del coronavirus e i crescenti squilibri legati al cambiamento climatico non possono che rafforzare questi sentimenti.

A ben vedere, un approccio di questo tipo non è importante solo per i giovani. Un numero crescente di persone ed employee oggi è parecchio sensibile al senso e alle ricadute delle proprie azioni. In visione più ampia, le organizzazioni farebbero bene a spostare l’attenzione dalle aspirazioni degli shareholders alle esigenze degli stakeholder. Gli shareholders (chi possiede azioni di una società) tendono ad avere un netto interesse per i guadagni a breve termine. Ma gli stakeholder – cioè gli investitori, dipendenti, clienti, fornitori, sindacati, agenzie governative e la comunità che circonda l’organizzazione – hanno una prospettiva a lungo termine e molto diversa. Vogliono sapere se possono fidarsi dell’azienda nel suo impegno di lunga durata sul piano della responsabilità sociale e ambientale.

Nella sua cieca inclinazione a moltiplicarsi, Covid-19 non ha certo finalità di tutela dell’ambiente, e il fatto che l’aria dei nostri cieli sia più pulita è un puro accidente. Ma il problema che ha posto all’umanità intera rende l’aspettativa diffusa di comportamenti virtuosi da parte delle organizzazioni più forte che mai. Questo preme oggi a tante persone e, molto probabilmente, anche ai vostri employee.

Fisico cibernetico di formazione, specializzato nei processi di trasformazione digitale, ha vissuto e lavorato in diversi paesi tra cui Vietnam, Fiji, Australia, Nuova Zelanda, Cile. È Amministratore Delegato di OpenKnowledge, di cui è stato socio fondatore nel 2008. OpenKnowledge è oggi parte del Gruppo Bip - Business Integration Partners. È autore di libri e numerosi articoli sull'evoluzione delle tecnologie digitali, lo sviluppo organizzativo e la gestione dei processi di innovazione. Ultimo libro pubblicato: Employee Experience: il lato umano delle organizzazioni nella quarta rivoluzione industriale, Franco Angeli, 2019​.