Covid-19, la micro-mobilità condivisa

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Covid-19, la micro-mobilità condivisa

Con la pandemia anche la mobilità sta cambiando volto e i servizi in condivisione puntano sempre più su veicoli piccoli e sostenibili.

Piccolo è bello, Il Covid-19 sta cambiando volto ai servizi di mobilità andando verso la micro-mobilità condivisa. La pandemia, infatti, oltre a rivoluzionare il nostro modo di comunicare, mangiare, lavorare, ha avuto un forte impatto anche sul modo in cui ci muoviamo. Come spesso accade, però, la crisi, oltre a infliggere duri colpi a business che fino a un momento prima godevano di ottima salute, apre contemporaneamente nuove e inedite opportunità di cambiamento e di rilancio. L’esempio più lampante proviene dalla Cina: secondo una ricerca Deloitte, nel Paese asiatico si sta registrando un vero e proprio boom della micro-mobilità condivisa (monopattini, biciclette, scooter elettrici, segway). Un dato su tutti: il bike sharing è incrementato del 150%.

Un’onda lunga, quella del boom della micro-mobilità, che a quanto pare sta raggiungendo velocemente anche l’Europa. La quarta edizione del Rapporto nazionale sulla sharing mobility, realizzato dall’Osservatorio nazionale della sharing mobility, promosso da Ministero dell’AmbienteMinistero dei Trasporti e Fondazione per lo sviluppo sostenibile, ha messo in evidenza che anche in Italia i numeri parlano di una buona presenza dei servizi di micro-mobilità condivisa. Il monopattino-sharing, in particolare, ultimo a sbarcare in Italia a fine 2019, assieme al bikesharing, risultano i servizi di micro-mobilità condivisa più in crescita nel periodo post lockdown: tra dicembre 2019 e settembre 2020 i monopattini in condivisione sono passati da 4.900 a 27.150 mentre i servizi attivi sono più che triplicati passando da 12 a 38 in questo stesso periodo.

Le limitazioni legate all’uso dei mezzi pubblici per ragioni di sicurezza sanitaria avrebbero dovuto spingere in alto l’uso del car sharing e invece il timore di usare un veicolo non perfettamente igienizzato, unito alla riduzione delle esigenze di spostamento a causa della diffusione a macchia d’olio dello smart working, ha inferto un durissimo colpo al settore, rilevato già diversi mesi fa, in piena prima ondata, da alcune ricerche. Fra i primi a metterlo in evidenza la società di consulenza aziendale che si occupa di ricerche di mercato e analisi strategiche Frost & Sullivan, che ha previsto per il 2020 un calo del 25% del mercato del car sharing.

Ecco perché l’universo della micromobilità sta trovando nuovi spazi: in tutto esistono 86 servizi di questo tipo e una città capoluogo su tre ne ha attivo almeno uno entro i confini del suo territorio. In cima alla classifica si piazzano le grandi metropoli con Milano (14 servizi di micromobilità in sharing), Roma (11) e Torino (7).

Un altro aspetto da sottolineare riguarda il fatto che la micromobilità è intrinsecamente verde perché i veicoli su cui si basa sono ecosostenibili: biciclette in primo luogo ovviamente ma anche gli scooter che sono ormai per la maggior parte elettrici e poi i monopattini che si muovono alimentati da una batteria. La loro diffusione sta avendo anche un altro effetto, quello di spingere le amministrazioni dei grandi centri urbani a ripensare in tempi record la viabilità proprio per renderla più adatta a questi veicoli promuovendo quella che oramai da più parti è definita “mobilità dolce”.

Secondo il Deloitte Mobility City Index 2020, Roma prevede l’inaugurazione di nuove ciclabili che dovrebbero portare l’estensione totale entro il 2020 a 150 km. Anche a Milano, oltre alla realizzazione delle piste ciclabili, ovvero corsie separate dalla sede stradale utilizzata dal traffico a motore, si stanno predisponendo anche chilometri di corsie ciclabili (un semplice spazio ricav​ato per le biciclette sul lato destro della carreggiata di una strada urbana, delimitato da segnaletica pitturata). Inoltre per incrementare la sicurezza a tutto vantaggio degli utenti di ​biciclette e monopattini, particolarmente esposti a incidenti, stanno spuntando come funghi anche le case avanzate: si tratta di aree riservato ai ciclisti, in posizione avanzata e quindi più sicura, in coincidenza di incroci regolati dai semafori. Tutte innovazioni che molto lentamente ma inesorabilmente stanno erodendo lo spazio prima riservato ai mezzi privati a motore a combustione interna.

Giornalista, vivo di e per la scrittura da quattordici anni. Cresco nelle fumose redazioni di cronaca che abbandono per il digitale dove perseguo, però, lo stesso obiettivo: trasformare idee in contenuti.​