Il concetto di identità evoca di per sé qualcosa di unico. Ma quando ci si confronta con l’universo digitale, le cosiddette identità digitali di ciascuno sono invece diventate molteplici. Riusciranno a unirsi?
L’Osservatorio Digital identity della School of management
del Politecnico di Milano ne ha individuate almeno cinque: c’è l’identità
digitale Social, ovvero l’insieme dei dati dichiarati dall’utente quando si
iscrive a una piattaforma social, come le identità di Facebook o Google. Una
identità Social spesso consente l’accesso ad altri servizi digitali, pur
essendo costruita su dati non verificati (e il Garante privacy in Italia sta
intervenendo su TikTok, Facebook, Instagram e altri social proprio sul tema della
certificazione anagrafica degli iscritti, che devono avere almeno 13 anni); c’è
l’identità digitale eCommerce, con caratteristiche simili alla Social ma
basata su piattaforme di eCommerce o marketplace come Amazon o Shopify; l’identità
digitale Financial è il profilo di dati identificativi raccolti da un
istituto bancario per riconoscere il proprio cliente, successivamente
valorizzati per l’accesso anche presso altri service provider, come nel caso di
PayPal; la nostra quarta identità digitale, quella Mobile, è invece
basata sull’uso della sim card come elemento di sicurezza per i dati
sull’identità dell’utente, raccolti e verificati con livelli di garanzia
medio-alti.
Il profilo di identità digitale dagli sviluppi più
promettenti è tuttavia quello eGov, che raccoglie i sistemi di identità
digitale sviluppati e distribuiti da enti governativi che riconoscono in modo
univoco i propri cittadini e permettono loro di utilizzare i servizi pubblici. E in questo campo l’Italia, con Spid (Sistema pubblico di identità digitale,
nato nel marzo 2016), sta avendo una accelerazione pazzesca. A febbraio
2021 siamo a 16,7 milioni di Spid in circolazione, il 28% della popolazione (a
livello di Franceconnect in Francia), e il 32,5% dei maggiorenni, che poi è la
categoria che può dotarsi di Spid. Insomma, un terzo degli aventi diritto in
Italia ha già Spid, e a questi ritmi di crescita (nel 2019 in Italia c’erano
solo 5,5 milioni di Spid) si raggiungeranno presto i numeri delle identità
Social.
Ma come cambia la nostra vita di tutti i giorni con Spid?
Per esempio, possiamo accedere al fascicolo sanitario elettronico, dove
i medici di base inviano on line le ricette e nel quale possiamo trovare tutte
le informazioni e i referti di visite ed esami (effettuati in strutture pubbliche)
ricostruendo uno storico del nostro stato di salute; con Spid si dialoga con l’Agenzia
delle entrate (ad esempio, per la registrazione dei contratti di affitto),
con l’Inps, l’Inail, con i servizi comunali (tipo il pagamento della
mensa scolastica, i certificati, gli appuntamenti all’anagrafe), si ottengono
le autorizzazioni in edilizia, i finanziamenti, ci si interfaccia col trasporto
pubblico, il sistema scolastico. Tutto il mondo universitario pubblico
viaggia con Spid, e solo attraverso Spid si accede ai bonus baby sitter,
vacanze, biciclette, cultura, oppure si attivano i sistemi di cashback, la
Carta famiglia o il Pago P.A.
«E col diffondersi del numero di Spid in circolazione»,
spiega Giorgia Paola Dragoni, direttore dell'Osservatorio Digital identity del
Politecnico di Milano, «si attiverà un circolo virtuoso che porterà anche molti
più service provider privati ad aderire a Spid. Al momento sono solo 15, ma
cresceranno». Piccoli, passi, insomma, verso la riunione delle molteplici
identità in un ID unico. Servirà, certo, una grande collaborazione della
pubblica amministrazione, che in fatto di digitalizzazione è ancora piuttosto
arretrata in Italia: «Basti pensare che al momento hanno aderito a Spid 5.537
amministrazioni su 10.373 totali ed escludendo da questo computo le
partecipate. Siamo a meno della metà, e l’obiettivo fissato dal decreto
semplificazione era di arrivare entro il 28 febbraio 2021 al 100% di pubbliche
amministrazioni ai cui servizi fosse possibile accedere con Spid o Carta di
identità elettronica».
Come dimostrano i casi virtuosi
di Estonia e di alcuni paesi del Nord Europa, la diffusione capillare
delle identità digitali eGov è in grado di assicurare forti risparmi in tema di
spesa pubblica, pari a un 2% del Pil che per l’Italia si tradurrebbe in 35
miliardi di euro da poter destinare ad altri scopi. «Di sicuro il sistema Spid
è innovativo, è una possibilità per valorizzare al meglio l’identità digitale»,
dice Dragoni, «e riunendo le ID si può semplificare la vita al cittadino:
banalmente, solo ricordarsi le varie credenziali per accedere alle diverse ID
diventa sempre più difficile. Le aree dove si può esprimere più valore sono
tutte quelle dove è necessaria una identità dell’utente certa. Quindi l’area
finanziaria, l’area governativa, con, ad esempio, il voto on line,
l’istruzione. Ma pure servizi privati esclusivi per i maggiorenni, tipo le
scommesse, il gioco on line, oppure per certificare anagraficamente le
iscrizioni ai social, noleggiare mezzi di trasporto. Peraltro», prosegue
Dragoni, «in tanti ambiti non servono tutti i dati dell’identità, ma solo la
verifica di alcuni, i cosiddetti attributi: l’età maggiorenne, il possesso
della patente di guida per il noleggio di un'auto, il tampone Covid negativo,
la vaccinazione Covid effettuata, un certo titolo di studio. Pensiamo quindi
all’importanza di Spid, ad esempio, in ambito viaggi e turismo: passaporti di
immunità, vaccinazione, test negativo per salire in aereo o per entrare in un
determinato territorio».