Le strategie dei social media per vendere online si intrecciano con l’aumento del potere degli influencer. L’evoluzione degli acquisti via Internet passa dalle piattaforme Instagram, Facebook, YouTube e TikTok e minaccia il dominio di Amazon.
L’e-commerce
stava cambiando pelle già prima del lockdown da Covid-19. Ma l’esplosione in
tutto il mondo sia della digitalizzazione, sia degli acquisti da remoto sta
mettendo in atto una vera e propria rivoluzione che potrebbe, per esempio,
minacciare le posizioni dominanti di Amazon
a favore di un approccio più social dello shopping online.
C’è infatti il modello Tmall, quello
di Alibaba, che va affermandosi
anche fuori dall’Asia, con una dimensione
più ludica, di gaming, commenti, video, televendite via web; c’è la
questione degli influencer, sempre più determinati anche nelle logiche di
orientare gli acquisti; c’è infine il tema dei grandi social, con miliardi di
iscritti, che scendono direttamente in campo nel social-commerce.
Amazon, con i suoi 150 milioni di
abbonati a Prime, propone un modello di e-commerce diciamo così più
pragmatico e “alla Occidentale” con un duplice business: c’è il fatturato che
arriva da Amazon che compra merce, la stocca in grandi depositi e poi la
rivende, e ci sono i ricavi che provengono dalle fee incassate da Amazon come
semplice vetrina per altre aziende che vendono i loro prodotti sulla
piattaforma, in una logica di marketplace.
In generale, peraltro, Amazon espone la sua merce senza troppi orpelli: qualche
foto, alcune informazioni, il prezzo e stop, con un processo di acquisto che si
conclude in media con pochi minuti di permanenza sul sito. Il lockdown
sanitario di parecchi mesi ha tuttavia imposto modelli di e-commerce un po’ più
ricercati, quasi sempre nella logica del marketplace, del centro commerciale
virtuale cui le singole aziende si appoggiano, con un utilizzo massiccio della
parte video, e imbonitori, televenditori, esperti di certe merceologhe ed
influencer a farla da padroni. Il cosiddetto live-streaming in cui Alibaba è maestra: «In questo approccio»,
spiega Rodrigo Cipriani Foresio, general manager del gruppo Alibaba per
l’Italia, Spagna, Portogallo e Grecia, «l’acquisto, come è tipico nella
cultura cinese, è visto sempre come una sorta di gioiosa e colorata caccia al
tesoro (e d’altronde Taobao, il sito di Alibaba che ora è diventato Tmall e che
anni fa ha spazzato via eBay dalla Cina, significa caccia al tesoro, ndr). In
Cina abbiamo 720 milioni di consumatori attivi su Alibaba, con un tempo medio
per acquisto di 22 minuti: non solo comprano one click, ma prendono informazioni,
giocano, commentano, si divertono».
NON SOLO ACQUISTI
Perciò si entra su Alibaba per socializzare,
in una dimensione da bazaar con tante storie sui prodotti, sulle aziende,
video, certificati di ogni tipo, live-streaming con presentatori specializzati
in categorie merceologiche che applicano lo stile delle televendite al web. E
proprio nella tendenza del social commerce va letta, ad esempio, la recente
partnership di AliExpress (sito di
Alibaba dedicato alle aziende che vogliono vendere i loro prodotti in Italia,
Europa, Usa ma soprattutto Russia) con HSE24
Italia, il canale televisivo digitale dedicato allo shopping, con i live
streaming in contemporanea sul sito web AliExpress, su quelli HSE24 e su tutti
i canali televisivi della piattaforma HSE24 per promuovere i prodotti dedicati
al benessere e al fitness che saranno disponibili sul nuovo store di HSE24
presente sulla piattaforma AliExpress.
Il social commerce ha poi a che fare col crescente potere dei social e degli
influencer. Quanto ai social bastano i numeri: 2,5 miliardi di utenti
attivi mensili per Facebook, due
miliardi per Youtube, un miliardo
per Instagram, 800 milioni per TikTok. Una platea enorme di potenziali
clienti che i social non vogliono valorizzare solo come bacino pubblicitario,
ma pure come target a cui vendere direttamente prodotti e servizi. Ed ecco il
lancio dei Facebook shops, «pensati per aiutare le aziende a realizzare un
unico negozio online, al quale i clienti possano accedere sia su Facebook sia
su Instagram. È possibile trovare i Facebook Shops sulla pagina Facebook o sul
profilo Instagram di un’azienda», commentano da Facebook, «oppure scoprirli
nelle storie o negli annunci pubblicitari. Inoltre, come in un negozio fisico
quando si ha bisogno di chiedere aiuto a un commesso, nei Facebook Shops si
potrà inviare messaggi a un’azienda attraverso WhatsApp, Messenger o Instagram
Direct per fare domande, ottenere supporto, monitorare le consegne e altro
ancora. E in futuro, si potrà visualizzare lo shop di un’azienda e fare
acquisti direttamente in una chat di WhatsApp, Messenger o Instagram Direct.
Stiamo inoltre investendo nello sviluppo, in modo trasversale nelle nostre app,
di nuove funzionalità come Instagram Shop, Live Shopping e altre ancora per
integrarle con i Facebook Shops e aiutare i clienti a scoprire i prodotti a cui
sono interessati, rendendo più semplice l’acquisto».
INFLUENCER STRATEGICI
Le strategie dei social media sull’e-commerce si intrecciano
strettamente col ruolo degli influencer:
secondo una recente ricerca di Blogmeter
sull’universo degli internauti italiani, «tra i motivi per i quali seguire gli
influencer, il 56% dice che si fa
ispirare da loro per gli acquisti. E sui segmenti 15-24 anni, sui social
addicted e sugli heavy e-commercer l’influenza degli influencer sugli acquisti
cresce tantissimo, tra i 10 e i 20 punti in più della media». Perciò gli
influencer a oggi, sono touch point
strategici nelle giornate digitali degli italiani (e dei consumatori in
tutto il mondo), e concorrono a strutturare attivamente i nostri comportamenti
e le nostre opinioni. «Le categorie nelle quali gli influencer hanno più peso
sono quelle dei gioielli, fast-food, food delivery, sportswear, prenotazione
viaggi online, petfood, haircare», sottolinea Michela Noè, head of content strategy di Wavemaker (agenzia media del gruppo Wpp
che si occupa pure di content marketing e creatività), «e in uno scenario ancor
più digital dopo il lockdown, e nel quale gli influencer sono sempre più
importanti, è abbastanza ovvio che le piattaforme social facciano e-commerce e
instaurino relazioni più strette con gli influencer, pagandoli direttamente».
Già da qualche tempo il Partner program di YouTube versa compensi agli influencer che
accettano di ospitare brevi annunci pubblicitari a cura di Google all’interno
dei loro video (500-1000 dollari per video da 100 mila views, e fino a 40 mila
dollari per video da un milione di views). Ora sta partendo Instagram, con il
suo Partner program, pubblicando brevi annunci all’interno dei video degli
influencer su IGTV. Per le aziende questo è un segnale importante: «Se i social
iniziano a lavorare direttamente con gli influencer, questo significa che si
insinua il pericolo di una disintermediazione del rapporto azienda-influencer
da parte dei colossi del web. Perciò», conclude Noè, «le aziende dovranno
creare con gli influencer delle strategie più consistenti e dei legami sempre
più stretti».