Lavorare da casa impone una riorganizzazione degli spazi e della funzione degli ambienti. Una spinta che può portare nuove abitudini, ma chiede di porre un confine tra il lavoro e la vita personale.
Una ricerca commissionata da Linkedin ha rivelato le paure e le incertezze dei lavoratori per un'eventuale ripresa dell'attività nella propria sede lavorativa: il 51% teme che non vengano seguite le misure di sicurezza, il 26% un calo dei propri risparmi e un 19% la diminuzione del proprio reddito. È uno degli effetti dell'esperimento sociale che ha portato l'ufficio in casa nei mesi della pandemia e che molte aziende pensano di prolungare almeno fino alla fine del 2020.
L'abitudine di abitare l'ufficio
Per ora siamo ancora nel mondo artificiale dell'esperimento: qualcuno in casa ha trovato una situazione agevole, mentre per altri regna il caos. Prima del Covid-19 il luogo eletto al lavoro era l'ufficio, e con la filosofia della condivisione è stato aggiunto di palestra, mensa, asilo nido. Dove c'era la macchinetta del caffè c'è anche una bacheca di annunci, e si moltiplicano i tentativi di imbastire intorno ad essa occasioni di solito molto artificiali per fare comunità, dagli aperitivi al week end fuori porta.
Con l'illusione che abitare l'ufficio ci facesse sopportare meglio tutto il tempo passato lì, in pochi anni abbiamo provato ad aggiungervi un po' di funzioni delle nostre abitazioni. È accaduto anche con i co-working: non solo spazi comuni in cui farsi carico insieme di utenze, connessioni web, pulizie e vari servizi per la persona, come pure fanno le aziende più evolute, ma anche eco-sistemi sperimentali, contesti in cui le persone che vi lavorano separatamente, prima o poi creano tra loro relazioni professionali o personali.
Il tutto è stato ben regolato, o meglio sregolato, dall'eliminazione delle barriere fisiche e architettoniche, come i muri e le pareti, per favorire la socialità e la collaborazione; ed anche di quelle formali e gerarchiche, perfettamente incarnate dagli stereotipi delle sneakers e della maglietta indossate in riunione, e del tavolo da ping-pong messo in corridoio.
Un pezzo per volta, la casa si è trasferita in ufficio: ora hai a portata di mano l'area fitness e il cucinino, dai del tu a tutti, lavori “con gli amici". Un bel tentativo, forse mal riuscito, di eliminare i confini, sempre necessari, dipingendo tutto con una socialità molto informale.
Lavorare in casa: vantaggi e svantaggi
Stavamo giusto tentando di adattarci e comprenderne questo nuovo modello, quando è arrivato il Covid-19, e con sorpresa è l'ufficio ad essere venuto a casa nostra. Così, ancora una volta, milioni di persone – quelle fuori dalle linee produttive e da negozi e dal commercio – stanno vivendo l'eliminazione dei confini tra lavoro e vita personale. Provengono dai settori del marketing e delle vendite e soprattutto dal mondo digitale e dei servizi, e a casa hanno portato la scrivania, allestito un quasi-set-televisivo per le riunioni in chat, e hanno dovuto trovare spazio anche per il tappetino per il fitness.
Ed eccoci davanti a un altro cambiamento, consapevoli che gli spazi influenzano i nostri stati d'animo, la nostra propensione al lavoro, e il nostro benessere fisico. Ancora non sappiamo per quanto tempo la casa dovrà ospitarci in modalità professionale, ma si ripete la tendenza precedente: formale e informale, vita e lavoro, famiglia e ufficio si mischiano nei tempi e negli spazi. Con il favore del web – riusciamo a immaginare una convivenza con il Covid-19 senza? – dalla casa in ufficio siamo passati all'ufficio in casa, dove lo spazio fisico e quello virtuale si sovrappongono.
Come per la tendenza precedente, non sappiamo se questa ibridazione durerà, né se ci farà bene, ma siamo ancora senza barriere di separazione tra l'area notte e quella giorno, tra l'aula per i figli e la sala da pranzo, tra la palestra e la sala riunioni. Mentre fuori siamo impegnati a mantenere le distanze fisiche, quelle che impongono nuove forme di prossimità, con la novità di accessi controllati e limitazioni, dentro, negli spazi privati che hanno più funzioni, perdiamo di vista la distanza, forse necessaria, tra il lavoro e la vita, la famiglia e i colleghi con cui parliamo in chat, l'orario di lavoro e quello per tutto il resto. Se c'è.
Siamo sicuri che gli architetti, con la loro sempre maggiore funzione sociale ci aiuteranno a dare flessibilità agli oggetti e agli ambienti pubblici e privati, ma toccherà a noi disegnare nuove linee di demarcazione, quegli intervalli indispensabili a capire dove siamo quando siamo in ufficio e quando siamo a casa.